Sui cosiddetti soggetti emergent. Validità del carattere rivoluzionario della classe operaia e del suo partito d'avanguardia


Diego Torres, membro dell'Ufficio Politico del Partito Comunista del Messico, Segretario delle Relazioni Internazionali

Il ruolo della classe operaia

Fin dalla sua concezione il socialismo scientifico si è distinto dalle altre teorie nell'individuare nella società attuale, una forza sociale chiamata a seppellire il capitalismo e erigere la nuova società. Questa forza sociale era la classe operaia. Fin dalle prime opere del marxismo, già dai primi scritti, tra cui La situazione della classe operaia in Inghilterra, Il Manifesto del Partito Comunista e Principi del Comunismo, "Il punto essenziale della dottrina di Marx e Engels è l'interpretazione della funzione storica mondiale del proletariato come creatore della società socialista." [1]

Marx ed Engels fondarono queste affermazioni su una approfondita analisi dell'economia capitalista. Quali condizioni, caratteristiche e qualità si trovano nella classe operaia perché sia chiamata a svolgere questo ruolo?

In primo luogo, è la classe più sfruttata della società capitalistica. Le sue condizioni di vita sono determinate dal fatto che la sua esistenza, le gioie e i dolori, la vita e la morte dipendono esclusivamente dalla vendita della sua capacità di lavorare ai capitalisti e le condizioni alle quali tale vendita avviene dipendono dalle fluttuazioni del mercato. Queste condizioni di vita, quest'interesse vitale la spinge costantemente a combattere fino alla morte contro la classe capitalista. Ciò trasforma il proletariato nell'avversario più fermo e conseguente del sistema capitalista.

Questa non è una osservazione puramente empirica, ma si basa sulla scoperta della teoria del plusvalore, che conserva piena vigenza. L'attuale scoppio della crisi economica capitalistica di sovrapproduzione e sovra-accumulazione ha distrutto le ultime illusioni di chi pensava che nell'economia la sfera della circolazione si potesse sviluppare indipendentemente dalla sfera della produzione e delle leggi che la governano.

In secondo luogo, dal fatto che la classe operaia è quella classe legata allo sviluppo delle forze produttive. In quanto operai, non hanno vincoli con il passato della produzione, con i residui dei passati regimi di produzione, ma con lo sviluppo e il futuro della produzione.

Ciò significa, contrariamente a molte affermazioni, che lo sviluppo della base materiale del capitalismo, la grande industria, non minaccia l'esistenza del proletariato come classe, non distrugge la sua posizione nella società, ma favorisce la crescita numerica degli operai e aumenta il suo ruolo nella vita sociale.

È metodologicamente infondato prendere un periodo di tempo molto breve per fare dichiarazioni circa la scomparsa del proletariato. La legge sulla proletarizzazione della popolazione è di enorme importanza per analizzare il capitalismo nel suo insieme. Per esempio, nella metà del XIX secolo, negli Stati Uniti, la classe operaia, gli operai e le loro famiglie, costituivano meno del 6% della popolazione, in Germania non raggiungevano il 3%. A metà del XX secolo questa cifra era cresciuta fino alla metà della percentuale in entrambi i casi. Oggi, secondo i dati dell'OIT, su scala globale, la classe dei lavoratori privati dei mezzi di produzione e che vendono la loro forza-lavoro in cambio di un salario oscilla dagli anni '80 a circa il 65% della popolazione.

Ciò significa anche che gli interessi e le aspirazioni della classe operaia coincidono con l'orientamento generale dello sviluppo delle forze produttive. Il livello di sviluppo delle forze produttive richiede la soppressione della proprietà privata dei mezzi di produzione. Di fatto questo è già annunciato dalla relativa soppressione della proprietà individuale sui mezzi concentrati e centralizzati nello stesso quadro del capitalismo, da cui sorgono la società anonima e i monopoli [2]. La classe operaia, non avendo la proprietà privata dei mezzi di produzione, non può essere tenuta in grande considerazione. Inoltre, la proprietà privata dei mezzi di produzione è la base dello sfruttamento dell'operaio da parte del capitalista, per questo la sua soppressione e sostituzione con la proprietà sociale è l'unico modo che la classe operaia ha per emanciparsi.

Non è sfuggito ai maestri del socialismo scientifico che oltre a ciò la classe operaia possiede qualità derivanti dalla sua posizione nella produzione, che sono essenziali per un lavoro rivoluzionario.

Per esempio, abbiamo già parlato della sua costante crescita numerica, il movimento proletario - dicevano Marx ed Engels nel Manifesto del Partito Comunista - è il movimento indipendente della stragrande maggioranza nell'interesse della stragrande maggioranza.

Ma non si tratta solo dell'aspetto quantitativo, anche la stessa borghesia nel concentrare i mezzi di produzione riunisce migliaia di operai sotto il tetto delle sue fabbriche, che di solito si trovano nei poli di concentrazione del capitale, vale a dire, nelle grandi città. Così il proletariato supera la dispersione e l'isolamento. Quando vengono superati i problemi d'ordine soggettivo e si eleva la coscienza di classe, gli operai possono unirsi e organizzarsi meglio di qualsiasi altra classe.

Questa concentrazione della classe operaia è indipendente da certi sviluppi temporali. Ci possono essere periodi di tempo e paesi in cui una sezione dei capitalisti opta per decentrare o frazionare il processo di produttivo. Ciò riflette in generale le condizioni in base alle quali risulta più funzionale estrarre nuovo plusvalore per questa via, o anche per disperdere temporaneamente la classe operaia e ostacolare la sua organizzazione, quando il sacrificio è ritenuto necessario. Tuttavia, dopo un po', tutto torna al suo posto, il processo generale mostra che la tendenza del capitale è la concentrazione. Ne è testimonianza la continua crescita dei monopoli, il fatto che una percentuale crescente della classe operaia lavora direttamente per loro, e il suo riflesso nella continua crescita delle concentrazioni urbane.

Inoltre, la classe operaia è quella che più si presta, per le sue stesse condizioni, all'organizzazione. Il lavoro nelle grandi aziende abitua l'operaio allo spirito del collettivismo, a una severa disciplina, alle azioni comuni e alla solidarietà. Per esempio Engels parla di questa severissima disciplina, usando il termine di militare, in La situazione della classe operaia in Inghilterra, Lenin sottolinea nei suoi Quaderni sull'imperialismo come i capitalisti abituano la classe operaia ad una straordinaria precisione in ogni movimento. E tutto ciò accadeva prima della sorveglianza e del controllo che consentono le nuove tecnologie dell'informazione e delle telecomunicazioni!

Tra tutte le classi oppresse, la classe operaia è la più capace di sviluppare la sua coscienza e accettare una ideologia scientifica. Il progresso dell'industria ha richiesto lavoratori più istruiti. La gestione delle preziose e complesse macchine su cui si basa oggi la produzione richiedono un elevato grado di preparazione scientifica e un livello culturale molto più elevato rispetto ai precedenti stadi delle formazioni economiche.

In sintesi sono tutte queste condizioni storiche ed economiche a rendere la classe operaia la classe più combattiva e rivoluzionaria della società. Condizioni storiche ed economiche ancora valide ai nostri giorni.

Le teorie che mettono in discussione il ruolo della classe operaia

Vladimir Ilic Lenin scrisse nel 1913 che "Il punto essenziale della dottrina di Karl Marx è l'interpretazione della funzione storica mondiale del proletariato come creatore della società socialista." [3], non è sorprendente che molte teorie anti-comuniste, indipendentemente dal fatto che si coprano di aspetti parziali del marxismo rivolgono la loro critica direttamente contro tale questione.

Il marxismo-leninismo come teoria scientifica della classe operaia ha tre fonti e tre parti costitutive e rivendicarne soltanto una di esse è incompleto. Per esempio alcuni dicono che è valida la critica del capitale, ma negano il ruolo della classe operaia, della rivoluzione, della dittatura del proletariato. In generale, già da più di un secolo il revisionismo cerca di separarle, ma sono soprattutto concentrati sul negare l'importante questione dell'azione politica, della prassi trasformatrice, riducendola a una "teoria critica" per il fatto che la classe operaia, il proletariato ha perso la sua forza, che non si è manifestata come una forza rivoluzionaria, che si è integrata col sistema.

Negli anni '60, '70 e '80 del XX secolo, H. Marcuse, A. Gorz e altri alludevano all'invecchiamento del marxismo e cantarono un "addio al proletariato". Come sociologi dell'ideologia borghese e piccolo borghese, essi riunirono i loro argomenti sulla base delle tendenze del momento, vale a dire non affrontarono i loro studi con la concezione materialistica della storia, ma sulla base di aspetti parziali della realtà.

Una prima parte dei lori argomenti consisteva nel fatto che la classe operaia dei paesi capitalistici più sviluppati, dei centri imperialisti raggiungeva buoni livelli di vita e che di conseguenza la sua coscienza diveniva conservatrice, a difesa dello status quo e senza interesse nelle rivoluzioni, e che il suo ruolo di avanguardia passava ad essere occupato dagli studenti, dai movimenti di liberazione afro-asiatici.

E' giusto dire che dopo la Seconda guerra mondiale, il ruolo dell'URSS e dei comunisti - la costruzione del campo socialista e le possibilità di avanzare in questa direzione in Francia e in Italia - costrinsero il capitalismo alla misura temporanea dello Stato Sociale, con il proposito di frenare l'ascesa delle lotte della classe operaia e dei loro partiti comunisti. Non neghiamo che nei paesi che sono al vertice della piramide imperialista, ma anche nei paesi intermedi, come risultato del surplus eccedente ottenuto dallo sfruttamento del proletariato internazionale, si è rafforzata la cosiddetta aristocrazia operaia, che combattiamo, tuttavia è un tema di natura molto diversa dal caratterizzare tutta la classe operaia come adeguata al sistema che si basa sul suo sfruttamento.

Tali posizioni dimostrarono il loro carattere temporale in primo luogo perché lo Stato Sociale nella ristrutturazione capitalistica ha lasciato il posto alla distruzione delle conquiste della classe operaia e in tutti i paesi, senza eccezione alcuna, l'epicentro della lotta anti-capitalista e antimperialista è la lotta della classe operaia.

Un altro aspetto è stato quello di far fronte agli interessi dei lavoratori con le teorie della loro divisione in quelli bianchi, blu e grigi; vale a dire la questione delle categorie del mondo del lavoro, le specialità o ciò che noi chiamiamo la divisione del lavoro. Il ruolo nella produzione, come le differenze salariali nel capitalismo non mettono in discussione il ruolo della classe operaia come produttrice di plusvalore. Ciò che è vero è che il ruolo del Partito comunista, l'agente esterno che introduce la coscienza di classe, aumenta di responsabilità sul fronte ideologico, per mostrare al lavoratore, a prescindere dalla sua posizione nel processo della produzione, i suoi compiti di fronte alla dominazione ed estrazione di plusvalore da parte della classe borghese.

Cambiamenti nel mondo del lavoro

Nella stessa sequenza e sulla base della rivoluzione tecnico-scientifica, gli ideologi borghesi e piccolo-borghesi danno valore all'automazione e robotizzazione del processo produttivo, alla diminuzione numerica della classe operaia e alla "fine del lavoro". E' soprattutto nel contesto che segue la controrivoluzione in URSS e nel campo socialista che sorge questa teoria, direttamente dai centri ideologici del capitale, attraverso portavoce come J. Rifkin, che alludono ad esempio al fatto che il settore dei servizi non appartiene alla classe operaia e portano all'estremo utopico della completa automazione della produzione e all'estinzione del proletariato. Tuttavia, come è dimostrato ne Il Capitale, le macchine non producono valore addizionale, solo il lavoro non pagato alla classe operaia genera il plusvalore, che è ciò di cui si alimentano i borghesi per l'esistenza del capitalismo. È importante notare che una tale posizione fu diffusa contemporaneamente agli attacchi sulla necessità del Partito.

Gli stessi cambiamenti osservati nel mondo del lavoro sono stati argomentati allo stesso modo. Questi cambiamenti includono, ma non si limitano alla cosiddetta terziarizzazione, all'outsourcing [esternalizzazione], offshoring [delocalizzazione], al ritorno al cottimo, ecc. Ogni cambiamento nell'organizzazione del mondo del lavoro, ogni nuova tendenza suscita sempre argomentazioni di tale natura. Già fordismo, taylorismo, toyotismo, just in time, le maquiladoras, per citarne alcuni, portarono dietro di sé non solo il rafforzamento della centralità della classe operaia nel processo produttivo, ma l'attacco ideologico da parte del pensiero borghese.

Molte di queste osservazioni sono unilaterali. La delocalizzazione per esempio sembra effettivamente lasciare in uno stato di deserto sociale alcune regioni, ma ciò vuol dire una maggiore concentrazione, un maggiore sviluppo industriale in un'altra regione, più attrattiva per il capitale, il che è in conformità con la legge cardine del massimo profitto. Per un osservatore locale l'industria scompare, ma osservando il panorama globale è tutto il contrario, vi è un aumento del numero di persone che lavorano per un salario in qualsiasi attività relazionata all'industria. Sebbene sotto nuove modalità.

In merito alla terziarizzazione e diminuzione relativa della classe operaia industriale in rapporto ad altri settori e strati dei lavoratori in generale, dobbiamo in primo luogo esaminare le statistiche. La statistica borghese classifica non basandosi su criteri scientifici, di classe, mistifica le cose. Ciò che salta di più agli occhi è l'insistenza con cui gli uffici statistici borghesi includono, ad esempio, le telecomunicazioni, i trasporti, il lavoro nei magazzini e l'energia nel settore dei servizi.

In secondo luogo, in merito ai servizi, dobbiamo ricordare la figura dell'operaio collettivo concettualizzata da Marx ne Il Capitale, per cui dopo l'avvento della manifattura è sufficiente far parte in una frazione del lavoro richiesto per la creazione delle merci per prendere parte al processo di produzione. Molti dei lavori inclusi nei servizi sono forniti alle industrie sotto la veste della sub-contrattazione, come nel caso ad esempio delle pulizie, riparazioni, mense industriali, ecc. Essi non possono essere inclusi nella categoria di "servizi", assommandoli artificialmente al lavoro realizzato nel commercio, al lavoro improduttivo, ecc.

Ricordando le già citate statistiche dell'ILO, non sembra che la crescita del settore dei servizi avvenga a spese della classe operaia industriale. La crescita di questo settore, in generale, obbedisce alla prosecuzione della distruzione delle classi legate alla campagna, alla distruzione dei piccoli proprietari e degli strati medi. Ciò non suppone una riduzione della classe operaia ad un numero minore rispetto a questi lavoratori, ma comporta una proletarizzazione e un avvicinamento di questi alla classe operaia, una maggiore capacità d'influenza e mobilitazione.

Questi e altri cambiamenti nel mondo del lavoro non alterano il ruolo della classe operaia. Comportano, invece, particolari problemi e sfide per l'organizzazione sindacale, per il lavoro del Partito, ecc.

La questione di fondo è che fintanto esiste il capitale esso non può distruggere la forza sociale dalla quale dipende per moltiplicarsi. Non si può generare né estrarre plusvalore senza il lavoro produttivo, senza la classe operaia. Una cosa è affermare correttamente che la borghesia sviluppa le forze produttive per produrre di più con un minor numero di operai, altra è parlare della sua scomparsa o della perdita del ruolo che svolge nella lotta di classe.

I cosiddetti "Soggetti emergenti"

Anche se è importante controbattere le teorie borghesi e piccolo-borghesi non dobbiamo trascurare certe teorie emerse nel quadro della controrivoluzione, che ebbero il loro auge alla fine degli anni '90 e che furono la base dell'altermondismo e trovarono espressione nel Forum sociale mondiale.

Si tratta di posizioni portate avanti in Europa da gruppi legati alla socialdemocrazia e in America Latina da una sinistra post-socialista. Da una presunta visione di sinistra, si cerca di uscire alla crisi ideologica delle forze rivoluzionarie con i seguenti approcci: assumendo le tesi della borghesia sulla sostituzione della classe operaia come soggetto storico; sostenendo i cosiddetti soggetti emergenti: indigeni, donne, ambientalisti, minoranze sessuali. Ovviamente per soddisfare tali concezioni il partito politico della classe operaia, l'organizzazione d'avanguardia ora non è più necessario e il suo posto - secondo loro- è occupato dai movimenti sociali, dalla orizzontalità, dalle Ong. Nella loro logica, oggi la lotta per il rovesciamento del capitalismo, per il potere, non solo non è necessaria, ma è anche condannabile. In comune con altre teorie apertamente borghesi hanno due elementi: la negazione del ruolo della classe operaia e l'attacco al partito di classe, il Partito comunista e ad altri strumenti di lotta come i sindacati e altre forme associative classiste.

E' necessario soffermarsi su una idea che rafforza l'eclettismo ideologico e permette che si annidino le posizioni anti-operaie, sostenuta da intellettuali "creativi" che, dicendosi marxisti, accusano il marxismo di esser eurocentrico e pongono l'accento sulle cosiddette specificità, al di sopra delle generalità.

Essi sottolineano che la classe operaia come forza crescente, per Marx, è qualcosa di specifico nell'Inghilterra di fine XIX secolo e non applicabile all'America Latina, e in particolare nel XXI secolo. Sovradimensionano la povertà come fattore di creazione delle condizioni soggettive, il "poverismo" è la loro bandiera.

Chiedono una miscela del marxismo con altre idee politiche e squalificano il partito di classe come uno strumento obsoleto. Dietro a ciò vi è una visione in cui la generalità è subordinata alla particolarità, alla specificità, alla "originalità". E' il caso dell'accento posto sulla "specificità latino americana" che dà luogo ad una serie di proposte utopiche, mistiche, che fanno, per citare un caso, della questione indigena e della lotta per le risorse naturali una questione di "pensiero magico", di connessione con forze ancestrali.

I movimenti sociali, derivazioni e limiti. La piccola borghesia prende il sopravvento.

Queste teorie che revisionano il ruolo della classe operaia hanno avuto grande slancio con il trionfo della controrivoluzione in Unione Sovietica e nel campo socialista. La controrivoluzione, la perdita del potere statale da parte della classe operaia, ha costretto a un ripiegamento generale della classe operaia di tutto il mondo e in molti casi alla disorganizzazione temporanea o liquidazione completa delle sue organizzazioni d'avanguardia. Si noti che ci sono stati Partiti comunisti e sezioni della classe operaia organizzata che hanno resistito e combattuto, ostacolando un maggiore avanzamento dei piani del grande capitale. Ad esempio, la FSM [Federazione sindacale mondiale] e altri fronti antimperialisti si sono ricomposti grazie all'azione dei comunisti.

Seguendo la tendenza generale del capitalismo alla concentrazione e alla centralizzazione, i monopoli sono passati ad occupare con forza i nuovi mercati aperti dagli strati piccolo-borghesi, in particolare il mercato della tecnologia informatica, della vendita self-service, alcuni settori della produzione agricola, della preparazione del cibo, ecc. Naturalmente la piccola borghesia si è sentita minacciata, si è radicalizzata politicamente e mobilitata. Anche se da un punto di vista sociale ha iniziato un processo di proletarizzazione, ideologicamente assume le posizioni che abbiamo menzionato.

Da un lato vediamo l'aumento delle campagne anti-comuniste, la disorganizzazione di larghi settori di lavoratori, la liquidazione dei loro partiti d'avanguardia e tutto ciò complica le posizioni della classe operaia. Dall'altro troviamo la diffusione di massa di elaborazioni teoriche che promuovono la confusione, un attivismo raddoppiato degli strati medi, ecc., in una parola il rafforzamento delle posizioni piccolo-borghesi. Il risultato della confluenza di questi fattori ha portato in molti paesi all'egemonia della piccola borghesia nella direzione dei movimenti sociali e popolari nel periodo immediatamente successivo alla controrivoluzione.

Abbandonando le posizioni scientifiche, la critica e l'attacco al capitalismo si affrontano come una questione volontaristica. Si propone, ad esempio, di trasformarlo attraverso cambiamenti nella sfera del consumo o nella sfera della circolazione. Si abbandona la concezione scientifica della lotta di classe per una presunta lotta contro la globalizzazione, ecc.

La piccola borghesia, alla testa del movimento popolare, non ha obiettivi rivoluzionari, non vede nella situazione economica, che attua come molla per la sua mobilitazione, possibilità rivoluzionarie, ma piuttosto agisce per riportare la ruota della storia ad uno stato di cose precedente.

Reali masse scontente sono state portate in questa direzione, senza riuscire a legare l'aspetto economico e sociale con l'aspetto politico, con la questione della presa del potere.

La piccola borghesia è uno strato della popolazione la cui fortuna, vita e morte, spesso dipendono dai suoi sforzi individuali, da un piccolo aspetto del mondo che non li porta a considerare la realtà sociale nel suo complesso. Sul piano organizzativo si tratta non di formare potenti organizzazioni che possano rovesciare il nemico, ma di un movimento con legami informali e deboli tra i suoi membri, in quanto le grandi organizzazioni sono "mostri" che "soffocano la personalità". Sul piano delle dichiarazioni, non sono disciplinati da linee guida basate sulle leggi del movimento della formazione economico-sociale capitalista, ma dalle mode come l'altermondismo, l'anti-globalizzazione, il post-capitalismo, gli "indignados", ecc.

A questo bisogna aggiungere una sovra-valorizzazione degli aspetti tecnici dei problemi politici. La tesi della rivoluzione 2.0, per esempio, che assume come cruciale la tecnologia utilizzata nei mezzi di comunicazione. Non importa quindi il nucleo organizzativo che emette i messaggi, che decide gli slogan, né la classe nella quale si cerca di influire, ciò che determina il successo dell'azione in sé, è l'uso dei messaggi cellulari, di Twitter, Facebook, ecc. Si feticizza lo strumento.

Non vi era pertanto alcuna valutazione del successo o fallimento di queste politiche, il movimento era tutto. Qualsiasi richiesta che mettesse in dubbio questo consenso riceveva come risposta l'isolamento del movimento generale.

Non c'è da meravigliarsi che siano estremamente rare e molto limitate le lotte guidate dalla piccola borghesia di questo periodo. Si tratta della messa in pratica e del fallimento delle teorie dei soggetti emergenti.

Inoltre, anche le più serie delle lotte di questo periodo non possono aver successo senza il sostegno della forza sociale determinante, la classe operaia. Per il loro disinteresse o incapacità di organizzare e mobilitare la classe operaia, le più serie lotte di questo periodo hanno scelto di tentare di destabilizzare violentemente il flusso delle merci, di impedire la realizzazione del ciclo del capitale mediante manovre convergenti. Attaccato su più fronti, lo Stato borghese poteva sempre contare di strappare l'iniziativa, mentre il suo esercito industriale, il proletariato, continuava a produrre plusvalore. Era un'immagine comune vedere in qualsiasi parte del mondo le forze di polizia militarizzate lanciare gas lacrimogeni per disperdere le masse popolari dai centri nevralgici delle vie di trasporto e comunicazione.

La piccola borghesia è uno strato estremamente instabile e volatile. Alla delusione di una sconfitta si ritira nel mondo dei sogni o nell'indifferenza. Ai periodi di mobilitazione segue un riflusso drammatico.

Quando le masse si accodano alla chiamata di questi attivisti sono catturati dallo spontaneismo. Le masse popolari sono immensamente creative, e questa creatività non viene inibita, ma piuttosto spinta quando le si da un orientamento chiaro e preciso, che è precisamente ciò che questa direzione non fa. Una limitazione che si presenta nel discorso come una virtù del movimento, l'orizzontalità, ecc.

La piccola borghesia, come direzione delle lotte popolari del periodo ha fallito, il che non significa che non persista, trainata dal calo del suo tenore di vita, nel cercare di mobilitare il popolo sotto la sua bandiera. I monopoli, nella maggior parte dei casi, raggiungono i loro obiettivi.

Il popolo del Messico ha dolorosi esempi di questi limiti e deviazioni. La permanenza e attuazione di queste posizioni ha comportato che centinaia di gruppi e numerose organizzazioni con rivendicazioni rivoluzionarie producano un culto impressionante alla spontaneità. Non si indica come obiettivo quello di introdurre la teoria nel movimento, non si pongono la necessità di organizzare la classe operaia nei luoghi di lavoro e organizzare da lì la controffensiva, ecc. Non possono offrire ai movimenti popolari l'alleanza con la classe operaia, il cambiamento dei rapporti di forza per il rovesciamento, ecc., di fatto possono offrire poco più che un club di ultras. Esempio di come lo Stato messicano ha schiacciato il movimento sociale dissociato dal movimento operaio è la APPO (Assemblea Popolare dei Popoli di Oaxaca).

Se sussistono queste posizioni nel nostro paese è perché l'alternativa si dimostra ancora insufficientemente. Il Partito comunista si assume la responsabilità e raddoppia la sua perseveranza sul fronte ideologico. Deve supportare i movimenti che si oppongono al capitale, ai monopoli e all'imperialismo, ma non deve fare concessioni ideologiche. Solo con la fermezza nella teoria e la persistenza nel lavoro per attivare il movimento operaio-sindacale in Messico, possiamo dare una alleanza vantaggiosa per il popolo e un'uscita dalla crisi che punti al rovesciamento.

Fortunatamente, a livello internazionale assistiamo alla ricomposizione della classe operaia e dei suoi partiti, un processo che tuttavia deve stare attento alla sua potenziale reversibilità.

Necessità del Partito rivoluzionario della classe operaia, del Partito comunista.

Riassumendo possiamo segnalare che, sul fronte ideologico, le teorie sociologiche borghesi sulla fine della classe operaia sono associate alla conclusione dell'inutilità del partito di classe, cioè del Partito comunista.

Nella lotta di classe, sul terreno ideologico, politico ed economico, il proletariato per costituirsi in classe richiede il suo stato maggiore, la sua avanguardia che con la teoria del marxismo-leninismo dirige ogni passo, ogni azione concreta nel quadro di una strategia per il rovesciamento del capitalismo ed è chiaro nel programma del socialismo-comunismo, che ciò è possibile solo rivendicando e traendo le conclusioni dalle esperienze di costruzione del socialismo nel XX secolo.

Le opere dei classici del marxismo-leninismo mostrano che per il loro ruolo nella produzione, gli operai sono la forza rivoluzionaria in grado di seppellire il capitalismo, a condizione di costituirsi in classe, cioè di acquisire coscienza. Lenin nel Che fare? spiega le forme della coscienza e fonda così il partito di tipo nuovo.

In nome della modernità, i nuovi riformisti sorti dalle file del movimento comunista rinunciano completamente alle caratteristiche di organizzazione della teoria leninista e all'essenza del programma comunista che è la dittatura del proletariato.

Senza il centralismo democratico è impossibile il partito di tipo nuovo e contro di esso si concentrano le critiche.

Il sostituto proposto è il movimento, senza struttura, amorfo, senza coerenza strategica, senza disciplina, senza un programma, "moderno", facendo rivivere la tesi di Bernstein.

Il Partito comunista è il partito della classe operaia, il distaccamento d'avanguardia che nel conflitto sociale e di classe indica la strada, mostra quando è necessario passare all'offensiva, quando alla difensiva, che è un passo avanti alle svolte della lotta essendo dotato della concezione materialistica della storia, levando le necessarie parole d'ordine per ogni concreta situazione senza uscire dal quadro strategico che è la rottura dei rapporti capitalistici, il rovesciamento della borghesia, la costruzione del potere operaio e del socialismo-comunismo.

Il Partito comunista è in grado di raggiungere i suoi obiettivi a condizione dell'unità ideologica, programmatica e organizzativa, lottando per la sua coesione interna ed epurandosi di tutto ciò che mina la sua unità. Il Partito comunista, l'avanguardia della classe operaia, non deve perdere di vista la lotta contro l'opportunismo e per preservare, indipendentemente dalle congiunture, il criterio di classe.

Il Partito e l'alleanza anti-monopolista, antimperialista, anti-capitalista

La classe operaia è l'unica classe rivoluzionaria fino in fondo, ma è anche vero che l'imperialismo trascina ampi settori e strati della società nella dinamica della contraddizione che nasce tra capitale e lavoro. "L'incremento delle imposte, la mercificazione dei servizi pubblici, l'avanzamento dell'aggressione imperialista, la politica di sottomissione agli interessi dei monopoli, la difesa politica delle quote di plusvalore straordinario dei monopoli, i trattati interimperialisti e le loro conseguenze , le manifestazioni della barbarie capitalista, il rapido degrado ambientale, la cancellazione di conquiste sociali e democratiche, ecc, sono questioni che colpiscono altri strati del popolo". [4]

Abbiamo assodato fin da principio che per gli altri strati che entrano in conflitto con gli interessi della grande borghesia è impossibile rovesciarla senza il concorso della classe operaia e che la loro leadership sulla lotta generale deve essere messa in discussione. Allo stesso modo, il proletariato difficilmente potrebbe trionfare o addirittura mantenere il potere, se isolato dal resto dei lavoratori e degli strati popolari, se non ottiene la loro adesione o la neutralità di alcuni di loro, se non impedisce che la borghesia glieli mobiliti contro. Quello che stiamo cercando di stabilire è che oggettivamente esiste una base per l'alleanza tra questi strati e la classe operaia. Un'alleanza anti-monopolista, antimperialista, anti-capitalista.

Lavorare su questa base ha ancora più importanza in tempi di crisi, quando le contraddizioni si acutizzano, gli interessi di ogni classe sono rivelati e dove gli scontri della lotta di classe permettono una rapida comprensione politica.

Tuttavia non è possibile la spontaneità nella formazione di un'alleanza di questa natura, non si può produrre senza preparazione. Si tratta di un'alleanza per spezzare il potere della classe dominante e per portarne al potere un'altra, la classe operaia. Il Partito rivoluzionario della classe operaia è l'unica formazione politica che può forgiare questa alleanza ad avere sia la capacità di analizzare in ogni momento gli spostamenti e le svolte brusche dell'insieme della lotta di classe, sia di tradurre questa analisi in orientamenti adeguati per la classe operaia. Linee guida che dimostrano davanti al resto degli strati popolari la convenienza e il bisogno della sua direzione, che lo mobilitano a intervenire efficacemente nella lotta del popolo in generale. Quale che sia la forma organizzativa che adotta l'alleanza contro il capitalismo può esser portata fino alla fine, fino al rovesciamento, solo con l'esistenza di un forte Partito comunista.

Chi ha voglia di vedere presto il funerale del capitalismo, deve riconoscere l'urgente necessità di riunire i becchini, di sapere che lottare per rafforzare il Partito comunista è la migliore garanzia per vedere quel giorno arrivare.


[1] V.I. Lenin, Opere, Ed. Progreso, vol. XVIII, pag. 544

[2] K. Marx , Il Capitale, Volume 3, sezione 5, capitolo 27.

[3] V.I. Lenin, I destini storici della dottrina di Karl Marx; Opere scelte in 12 Vol. Edizioni Progresso, Mosca, 1976

[4] Tesi del Partito Comunista del Messico per il IV Congresso, 2.8 F "L'imperialismo, la ristrutturazione capitalistica internazionale, la cosiddetta globalizzazione, la crisi del sistema."