La relazione dialettica tra internazionalismo e lotta di clase


I lavoratori della Russia sono da diversi anni soggetti all'incessante pressione della borghesia.

La legge federale n. 350, che innalza l'età del pensionamento, è stata promulgata nel 2018. In base alla vecchia normativa, in vigore sin dall'epoca sovietica, gli uomini potevano andare in pensione al raggiungimento dei 60 anni di età, mentre le donne potevano farlo al compimento dei 55 anni. Ora l'età del pensionamento è di 65 anni per gli uomini e di 60 per le donne. Il regime borghese ha una gran fretta di introdurre queste «riforme», in modo da promulgare il maggior numero possibile di leggi anti-lavoratori prima che i lavoratori russi imparino a organizzarsi e ad agire collettivamente nel contesto attuale. Nell'estate del 2018 hanno avuto luogo numerose iniziative di protesta in tutto il Paese, ma queste azioni (per la maggior parte presidi e picchetti) non hanno visto una partecipazione sufficiente, non sono state organizzate adeguatamente e non hanno avanzato rivendicazioni abbastanza radicali da indurre gli ambienti del potere a rinunciare ai propri piani sulla riforma delle pensioni.

La borghesia russa sta attaccando anche altri diritti dei lavoratori. Gli aumenti salariali rimangono indietro rispetto all'inflazione. In molte imprese gli straordinari non sono remunerati come tali, e molti «datori di lavoro» risparmiano sulle misure di sicurezza.

Le politiche ufficiali di «riforma» della sanità pubblica, accessibile e gratuita costituiscono un ulteriore colpo inferto alle condizioni di vita dei lavoratori. Si effettuano tagli al personale medico; si chiudono ospedali nelle piccole città. Ovunque viene negata ai lavoratori la possibilità di accedere a cure mediche di qualità.

In molti casi, la classe operaia si è rifiutata di subire in silenzio l'attacco della classe dirigente. Quando hanno dimostrato di sapersi organizzare, i lavoratori sono riusciti a ottenere il parziale soddisfacimento delle loro rivendicazioni.

Nel 2019, per esempio, in alcune regioni della Russia il personale delle ambulanze ha attuato «scioperi bianchi» contro le condizioni di lavoro a cui era soggetto - ritardi nei pagamenti, bassi salari, orari prolungati, personale non adeguatamente formato, esternalizzazione dei conducenti. In diverse città russe (per esempio Možaisk nella regione di Mosca, Togliatti nella regione di Samara, Gagarin nella regione di Smolensk e in altri centri) i medici hanno difeso con successo i loro diritti legali a condizioni di lavoro e salari dignitosi.

Nel luglio 2019 gli addetti alle gru di Kazan hanno attuato uno sciopero organizzato che si è concluso con la loro vittoria.

Si potrebbero citare altre iniziative vittoriose messe in atto dai lavoratori - iniziative che possono servire da modello per il proletariato russo.

Tuttavia, in molte altre imprese i lavoratori non hanno ancora compreso la necessità di unirsi per lottare per i loro diritti essenziali, e non reagiscono contro gli attacchi della borghesia e le politiche discriminatorie messe in atto dallo Stato nei riguardi dei lavoratori.

Possiamo notare come anche in altri Paesi l'impulso dei lavoratori a unirsi per lottare per i propri interessi fondamentali non abbia ancora raggiunto un livello che consenta di parlare di una vittoria strategica sul capitalismo. Anzi, è vero il contrario - vediamo bene come anche al di là della frontiera i capitalisti abbiano violato i diritti dei lavoratori. Questi ultimi hanno reagito con scioperi e altre forme di resistenza. Alcune di queste azioni possono servire da modello per il proletariato di tutto il mondo.

La vittoria dello sciopero dei lavoratori delle poste finlandesi del novembre 2019 è stata resa possibile dall'ondata di solidarietà verificatasi tra i lavoratori di altri settori. In questa occasione, i lavoratori hanno dimostrato che, quando si uniscono, sono in grado di trasformarsi in una grande forza. Nello stesso anno, i lavoratori greci hanno lottato contro l'ennesimo attacco delle corporation multinazionali, per esempio contro le iniziative anti-operaie della multinazionale COSCO e della SEB, la Confindustria greca. Alla fine del 2019, migliaia di lavoratori francesi hanno dato vita a proteste di massa in tutto il Paese, costringendo il governo a rinunciare ad alcuni dei suoi progetti di modifiche peggiorative alla legge sulle pensioni. Questi sono solo alcuni esempi tra le centinaia o le migliaia di episodi in cui i capitalisti sono stati sconfitti dai lavoratori organizzati.

Ciononostante, le lotte contemporanee dei lavoratori sia in Russia sia in altri Paesi non prendono ancora di mira le basi del dominio borghese. In altre parole, gli scioperi e le altre azioni di massa dei lavoratori - anche nei casi in cui denotano un grado elevato di organizzazione di classe - non hanno ancora raggiunto il livello in cui l'obiettivo della lotta dei lavoratori non è semplicemente il miglioramento delle condizioni di lavoro in un contesto capitalista, bensì il rovesciamento del dominio capitalista e l'instaurazione del socialismo. Tenendo presente il concetto di lotta di classe, possiamo caratterizzare il periodo attuale come il periodo di accumulazione delle forze da parte del proletariato, di ricerca di nuove vie e metodi di organizzazione.

Non vi è un solo Paese al mondo in cui nel contesto attuale si sia combattuta una lotta di classe risoluta. In nessun luogo viene lanciata una sfida radicale contro il capitalismo come ordine socio-politico costituito. Anche nei Paesi in cui l'avanguardia della classe operaia è riuscita a dare vita a partiti comunisti forti e disciplinati - per esempio in Grecia e in Turchia - essa non è ancora riuscita a coinvolgere la maggioranza delle masse lavoratrici nella lotta per il socialismo e a persuaderle che le iniziative attive sono indispensabili.

In Russia e in molti altri Paesi del mondo la situazione è la seguente: i partiti comunisti - perfino quelli che esistono da lungo tempo e non sono stati colpiti dal morbo dell'opportunismo e del revisionismo, che comprendono correttamente la situazione attuale dandone riscontro nelle loro pubblicazioni e dedicano grandi sforzi all'agitazione e alla diffusione delle idee marxiste tra i lavoratori - rimangono di piccole dimensioni e isolati all'interno della loro classe di riferimento. Tale situazione non va vista come una sconfitta, ma deve farci comprendere che i comunisti hanno ancora molto lavoro organizzativo e ideologico da svolgere, tenendo conto sia delle tendenze internazionali sia delle circostanze locali.

Da decenni i nemici della classe operaia tentano di spiegare questa tendenza a livello mondiale sostenendo che il comunismo è tramontato, che i suoi ideali sono stati semplicemente una moda passeggera novecentesca e che non riusciranno mai a riconquistare le masse. Ciononostante, i comunisti sanno che la storia si evolve ciclicamente secondo una traiettoria a spirale.

Siamo certi che il momentaneo arretramento degli ideali comunisti nella mente del proletariato tragga origine dal mutamento dei processi economici. Nei paesi dell'ex-URSS e dell'Europa orientale è in atto da trent'anni un processo di deindustrializzazione e di adattamento ai requisiti del mercato mondiale. Ciò, a sua volta, ha determinato un cambiamento sia nella composizione sia nella struttura della classe operaia.

In Russia, per esempio, l'inizio degli anni Novanta ha visto l'ascesa al potere di forze che hanno rigettato la proprietà collettiva dei mezzi di produzione ed eliminato il monopolio statale sul commercio internazionale. Alle corporation multinazionali è stato concesso un accesso illimitato a tutti i mercati locali. I legami di produzione tra le imprese sono stati recisi. Tutto ciò ha determinato un calo della produzione e la chiusura o la riconversione di migliaia di imprese. Milioni di lavoratori qualificati si sono ritrovati superflui nel mercato e hanno dovuto trovarsi altri impieghi. Moderni stabilimenti hanno cessato le attività e la loro manodopera, divenuta ridondante, ha dovuto trovare lavoro in numerose piccole imprese nei settori dei servizi, del commercio e dei trasporti. È comparso un vero e proprio esercito di disoccupati. Già nel 1992, il 70% della popolazione russa viveva al disotto del livello di povertà. I processi di privatizzazione delle imprese e il loro costante adattamento ai requisiti dei mercati globali - processi che si sono protratti per decenni - hanno pregiudicato la fiducia in se stessi dei lavoratori. Molti abitanti di regioni in passato caratterizzate da un'industria sviluppata hanno dovuto trasferirsi altrove in cerca di lavoro, spostandosi nelle megalopoli o anche all'estero. Tendenze analoghe si sono manifestate nello stesso periodo in tutte le repubbliche dell'ex-URSS e nell'Europa orientale.

Oggi questi Paesi si sono integrati nel mercato globale, inserendosi in una posizione di dipendenza economica dai centri dominanti dell'imperialismo.

Anche la Russia è divenuta in parte dipendente e ha perduto interi settori industriali (industria elettronica, farmaceutica e altri settori ad alta tecnologia), assumendo il ruolo di fornitrice di idrocarburi.

Così, in Russia e in molti Paesi confinanti si è verificata una trasformazione dell'economia in funzione dei requisiti del mercato globale; e parallelamente a questo processo ha avuto luogo un trasferimento delle industrie in Paesi meno sviluppati caratterizzati da manodopera a basso costo. Questo processo ha fatto sì che il proletariato, in passato unito, qualificato ed esperto, divenisse disorganizzato e demoralizzato. Hanno avuto inizio flussi migratori. Nella Russia attuale, per esempio, si assiste a un esodo di forza-lavoro verso l'Europa e il Nordamerica, e parallelamente all'immigrazione di lavoratori dall'Asia Centrale, dall'Ucraina, dalla Moldova e dalle repubbliche del Caucaso. Le statistiche mostrano che soltanto nella prima metà del 2019 sono giunti in Russia circa 2,4 milioni di lavoratori migranti. Stando ai dati in nostro possesso, la classe lavoratrice russa conta circa 77 milioni di persone, il 10% delle quali sono immigrati. [1]

La trasformazione della produzione sociale in numerose regioni russe, finalizzata alla sua integrazione nel mercato globale, ha causato l'annientamento del settore agricolo locale. In seguito allo smantellamento del socialismo e all'introduzione della proprietà privata (privatizzazione), molte imprese hanno chiuso i battenti o hanno modificato la natura e i volumi della loro produzione. A causa di questi e altri fattori, l'emigrazione interna ha raggiunto proporzioni colossali. Ciò è stato evidenziato dal declino delle regioni più remote, accompagnato dal boom delle metropoli. Questi processi hanno determinato un rilevante rimescolamento delle nazionalità nelle città e nelle imprese, che a sua volta è stato accompagnato da conflitti tra le varie nazionalità nel momento in cui le «élite» nazionali hanno iniziato a contendersi le risorse. Anche i lavoratori finiscono per competere tra loro laddove i sentimenti nazionalistici dei lavoratori indigeni si manifestano nel momento in cui i lavoratori immigrati sono disposti a lavorare per salari inferiori.

Per esempio, nel 2013 nel distretto moscovita di Birjulevo Ovest, un reato (omicidio) ha scatenato pogrom di massa contro i migranti, organizzati dai nazionalisti. Negli ultimi anni si sono verificati numerosi episodi analoghi.

Se questi episodi sono stati possibili, è perché il proletariato è diviso e non ha ancora avuto esperienze di scontro con la borghesia nel contesto contemporaneo. I lavoratori non hanno ancora compreso che soltanto l'unità dei lavoratori di tutte le nazioni porterà alla vittoria sul capitalismo.

In ciascun caso, sulla difficoltà di unificazione della classe operaia può influire la presenza di vari gruppi nazionali coinvolti nella produzione pubblica, laddove non sono ancora stati stabiliti i contatti necessari per una vittoriosa lotta di classe unitaria.

In tali circostanze, le organizzazioni tradizionali della classe operaia che non sono state in grado di incanalare la protesta dei lavoratori contro il vero nemico - il capitale - si sono rivelate incapaci di operare nel contesto contemporaneo. Il movimento sindacale nella Russia attuale e in altri Paesi deve imporsi nuovamente, come fece all'inizio del Novecento.

La questione nazionale torna alla ribalta a causa dell'inasprimento delle contraddizioni nel contesto di vecchi conflitti nazionali irrisolti.

I capitalisti delle varie nazioni sono uniti nelle loro corporation contro i lavoratori, e tentano di seminare la discordia tra i lavoratori facendo leva sulla nazionalità. E tuttavia, come nel secolo scorso, nelle situazioni di grave conflitto la società si polarizza in funzione della sua struttura di classe, e non in funzione della sua composizione nazionale. Il capitale è costretto a ricorrere a un incessante lavaggio del cervello attuato mediante i media mainstream per assicurarsi un flusso costante di propaganda nazionalista e di approcci basati sullo scontro tra civiltà nei riguardi dei lavoratori, finalizzato a circoscriverne le lotte entro questi limiti.

Va detto tuttavia che il Partito Comunista Operaio Russo e il Fronte Unito dei Lavoratori Russi forniscono costantemente un sostegno sia organizzativo sia informativo ai lavoratori in lotta, a prescindere dalle loro origini.

La questione nazionale e la tattica dei comunisti

Quando si parla di nazione, è anzitutto necessario definire questo termine. Nel presente articolo si fa riferimento alla definizione di I. V. Stalin, che non soltanto si basa su una teoria scientifica, ma è stata elaborata in un processo di ricerca di soluzioni pratiche alle questioni nazionali. È importante sottolineare che dopo la pubblicazione del testo che conteneva questa definizione, la sua applicazione e l'impiego delle argomentazioni che la corredavano ha consentito di individuare le soluzioni storicamente più opportune in ciascun caso specifico - soluzioni concepite nell'interesse delle classi lavoratrici.

«La nazione è una comunità stabile, storicamente formatasi, che ha la sua origine nella comunità di lingua, di territorio, di vita economica e di conformazione psichica che si manifesta nella comune cultura» (I. V. Stalin, Il marxismo e la questione nazionale, vol. 2).

La soluzione di qualunque questione nazionale implica sempre delle complessità. Nel contesto dell'ordine costituito capitalista, le nazioni non si sono limitate a formarsi: sono rimaste invischiate in numerose contraddizioni, contraddizioni che si sono rivelate insolubili o sono state risolte nei modi più contorti e perfino sanguinosi. Di conseguenza, i comunisti non hanno e non possono avere una soluzione universale, o una serie di soluzioni adatte a tutte le situazioni che potrebbero presentarsi. Esistono tuttavia alcuni approcci generali alla soluzione di questi problemi che si basano sulla scienza del marxismo-leninismo.

Tali problemi si possono suddividere in varie categorie.

Una categoria di problemi riguarda i Paesi in cui si è deciso di suddividere uno Stato plurinazionale in più Stati nazionali (o disegnati a tavolino), oltre ai Paesi in cui il carattere plurinazionale è stato mantenuto - l'URSS, la Jugoslavia, la Georgia, la Spagna (Catalogna, Paese Basco), la Gran Bretagna (Scozia, Irlanda del Nord), l'Ucraina (Crimea, repubblche del Donbass).

Un'altra categoria di problemi riguarda le minoranze nazionali che aspirano a essere riconosciute e a dare vita a forme di autonomia o anche a Stati indipendenti. Tra esse vi sono i curdi, i russi e i gagauz della Moldavia, i russi e i tatari della Crimea. Va detto che le situazioni di questo tipo vanno considerate con cautela, tenendo sempre presente l'allineamento delle forze di classe che caratterizza ciascuna regione.

Ogni situazione e ogni gruppo possiedono caratteristiche specifiche. Tuttavia, le regole di base su cui i comunisti devono concentrarsi ogni qual volta analizzano le contraddizioni esistenti possono essere d'aiuto per scegliere la tattica più appropriata. La priorità della lotta di classe da parte del proletariato, finalizzata a preparare le condizioni organizzative e ideologiche per l'unificazione dei proletari e la loro organizzazione in una classe in grado di attuare la transizione rivoluzionaria dal capitalismo al socialismo costituisce il punto principale, che non va mai dimenticato o trascurato quando ci si misura con problemi di carattere nazionale. In altre parole, i comunisti di ogni epoca e di ogni luogo e nazione, quando devono risolvere qualunque questione (compresa la questione nazionale) devono svolgere un compito comune, tenendo però presenti le peculiarità di ogni Paese.

Innanzitutto, nell'affrontare la questione del rapporto tra internazionalismo e lotta di classe, i comunisti devono avere una prospettiva materialistica della storia e applicare il concetto della natura dialettica di ogni movimento, sviluppo e mutamento dei mezzi e dei rapporti di produzione in una data regione e a livello mondiale. Si deve tenere presente che tutti gli eventi della vita sociale sono correlati e interdipendenti e caratterizzati da una storia che ne determina la comparsa, l'evoluzione, lo sviluppo e i mutamenti; che nel corso di tale storia un evento può determinare mutamenti sia quantitativi sia qualitativi; e che i mutamenti nelle condizioni politiche ed economiche possono determinare la negazione della natura iniziale del fenomeno e perfino della sua essenza iniziale. È inoltre essenziale ricordare che ogni evento preso in considerazione è in divenire, qui e ora. È fondamentale qui considerare e comprendere tutte le tendenze della situazione economica e della storia politica, comprese quelle ancora nascoste. Nelle scelte tattiche, i comunisti devono tenere conto di tutti i conflitti politici attuali e latenti, tutti i conflitti di interesse tra le classi attuali e le loro divisioni createsi nel corso dello sviluppo economico.

Questo approccio esclude l'imitazione pedissequa e la riproposizione degli stessi metodi. Una conclusione corretta basata sulle condizioni concrete può rivelarsi sostanzialmente errata in un contesto storico diverso, se viene applicata meccanicamente come soluzione universale.

Storicamente, la comparsa delle nazioni è stata determinata dalla formazione socio-economica capitalista emergente. Un principio base del marxismo, applicato alla società umana e alla sua storia, recita:

«Il modo di produzione della vita materiale condiziona, in generale, il processo sociale, politico e spirituale della vita. Non è la coscienza degli uomini che determina il loro essere, ma è, al contrario, il loro essere sociale che determina la loro coscienza» (K. Marx, Per la critica dell'economia politica, Prefazione).

Il materialismo storico è stato il primo sistema che abbia consentito di studiare le condizioni sociali di vita delle masse e l'evoluzione di tali condizioni, attraverso uno studio condotto con la precisione tipica delle scienze naturali. Il marxismo ha permesso di comprendere in modo esauriente l'emergere, lo sviluppo e il declino delle strutture socio-economiche, tenendo conto dell'intero complesso di tendenze contraddittorie e ricollegandole alle condizioni di vita e di produzione - definite con precisione - delle varie classi sociali. Questo approccio consente di eliminare il soggettivismo e l'arbitrarietà nell'individuazione e nell'interpretazione delle idee «dominanti». Questo metodo rivela le origini di tutte le idee, senza eccezioni, e di tutte le tendenze che investono le forze produttive. Sono le persone a creare la propria storia, ma è stato Marx a concentrarsi su ciò che determina concretamente le ragioni delle persone, o per meglio dire delle masse, su ciò che provoca lo scontro tra idee e aspirazioni in conflitto, su quale sia l'esito fondamentale di tali scontri tra tutte le società umane, su quali siano le condizioni oggettive della produzione della vita materiale che creano le basi dell'intero agire storico delle persone, e su quali siano le regole dello sviluppo di tali condizioni.

Le nazioni rientrano nella sovrastruttura socio-politica che dipende dall'evoluzione delle forze produttive e dei rapporti di produzione. Di conseguenza, i mutamenti nella base economica determinano i mutamenti dell'intero sistema di relazioni socio-economiche e socio-politiche di una data società, i mutamenti della sua struttura di classe e la natura della lotta di classe tra le nuove classi. V. I. Lenin lo dimostra con la seguente argomentazione:

«Che in ogni determinata società le aspirazioni degli uni cozzino con le aspirazioni degli altri, che la vita sociale sia piena di contraddizioni, che la storia ci mostri la lotta dei popoli e delle società tra di loro e anche la lotta nel loro seno, che, oltre a ciò, la storia ci mostri un avvicendarsi di periodi di rivoluzione e di reazione, di pace e di guerre, di stagnazioni e di rapido progresso o decadenza, sono fatti universalmente noti. Il marxismo ha dato un filo conduttore, che permette di scoprire una legge in questo labirinto e caos apparente: e precisamente la teoria della lotta di classe. Solo lo studio dell'assieme delle aspirazioni di tutti i membri di una determinata società, o di gruppi di società, permette di giungere a una determinazione scientifica del risultato di queste aspirazioni. E fonte delle aspirazioni contraddittorie sono la differente situazione e le diverse condizioni di vita delle classi nelle quali ogni società è divisa» [V. I. Lenin, «Karl Marx (breve saggio biografico ed esposizione del marxismo)», in Opere complete, XXI, pp. 37-79.]

Possiamo dunque vedere come l'approccio storico-materialistico alle questioni nazionali costituisca uno strumento che, se utilizzato correttamente, produce naturalmente il risultato pratico potenzialmente ottimale.

Siamo così in condizione di formulare i concetti teorici di base che i comunisti devono applicare nel risolvere il problema del rapporto tra internazionalismo e lotta di classe in qualunque situazione concreta.

1. Tutte le attività dei comunisti devono mirare al conseguimento dell'obiettivo strategico più immediato - l'organizzazione del proletariato in classe rivoluzionaria, il rovesciamento del dominio della borghesia, la conquista del potere politico da parte del proletariato;

2. Poiché è il modo di produzione della vita materiale a determinare i processi sociali, politici e spirituali, si deve tenere conto del carattere della base e della sovrastruttura, così come delle caratteristiche specifiche della loro formazione.

3. Si deve tenere conto del carattere e delle specificità dei rapporti economici e politici tra le classi, oltre che delle caratteristiche della loro evoluzione in ciascun caso specifico.

Principi concreti conseguenti dai concetti teorici di base

Nel corso della loro storia, i bolscevichi hanno elaborato un certo numero di regole essenziali la cui importanza è dovuta a vari fattori - in primo luogo in quanto costituiscono un esempio di soluzione delle questioni nazionali, e in secondo luogo in quanto, a parità di condizioni storiche, sono tuttora valide.

Il primo principio a cui facciamo riferimento è il diritto delle nazioni all'autodeterminazione, compresa la libertà di secessione. Questo principio presuppone l'eguaglianza incondizionata tra tutte le nazionalità di uno Stato, così come la tutela incondizionata dei diritti di tutte le minoranze nazionali, l'introduzione di ampie forme di autogoverno e la concessione dell'autonomia alle regioni nazionali. La posizione di principio di Lenin e dei suoi compagni di lotta nei riguardi della separazione della Polonia e della Finlandia dalla Russia può fornire un esempio pratico. Si deve comprendere, tuttavia, che rivendicando il diritto delle nazioni all'autodeterminazione, i comunisti devono sempre analizzare quale specifica soluzione a tale problema possa risultare più vantaggiosa per lo sviluppo del movimento operaio nel Paese. È possibile cioè schierarsi a favore del diritto delle nazioni a separarsi e, al tempo stesso, chiamare i lavoratori a decidere sulla questione in modo tale da concentrarsi sulle priorità di classe.

La seconda importante conclusione che si può trarre dall'esperienza dei bolscevichi riguarda la loro inflessibile adesione all'internazionalismo e la loro incessante lotta contro qualunque manifestazione - esplicita o dissimulata - di nazionalismo borghese. Per esempio, sia V. I. Lenin sia I. V. Stalin criticavano senza mezzi termini il concetto di «autonomia nazionale culturale», che presuppone un legame tra il proletariato e la borghesia appartenenti alla medesima nazionalità nel contesto di strutture inevitabilmente controllate dalla borghesia. È importante sottolineare come anche questo slogan abbia contribuito alla divisione tra i proletari di nazionalità diverse.

Nel suo scritto «Progetto di piattaforma per il IV Congresso della socialdemocrazia della regione lettone» (V. I. Lenin, Opere complete, vol. 19, p. 97), Lenin afferma che i bolscevichi non sono per la cultura nazionale, ma per una cultura internazionale nella quale è compresa solo una parte di ogni cultura nazionale, e precisamente solo il suo contenuto democratico conseguente e socialista. La parola d'ordine dell'«autonomia nazionale culturale» inganna gli operai con il miraggio di una unità culturale delle nazioni, mentre in realtà ogni nazione è dominata dalla «cultura» borghese o piccolo-borghese. I bolscevichi, per contro, sono per una cultura internazionale del proletariato, democratico fino in fondo e socialista.

«L'unità degli operai di tutte le nazionalità, esistendo l'assoluta uguaglianza di diritti delle nazionalità e la più conseguente democrazia dello Stato: ecco la nostra parola d'ordine, che è la parola d'ordine di tutta la socialdemocrazia internazionale rivoluzionaria» (V. I. Lenin, «Progetto di piattaforma per il IV Congresso della socialdemocrazia della regione lettone», Opere complete, vol. 19, p. 97).

In seguito, illustrando nei dettagli l'approccio internazionalista, i bolscevichi chiarirono il concetto di uguaglianza tra le nazionalità: non devono esservi privilegi per alcuna nazione e per alcuna lingua, le nazionalità devono avere la possibilità di autodeterminarsi con mezzi democratici e si devono promulgare leggi che vietino ogni sorta di discriminazione nazionale.

L'internazionalismo proletario presuppone l'unità dei lavoratori di tutte le nazionalità, e la loro coesione all'interno di tutte le organizzazioni operaie - in contrapposizione al nazionalismo borghese. Soltanto se uniti in questo modo i lavoratori sono in grado di difendere la loro democrazia e di resistere al capitale, che si fa a sua volta più internazionale.

Un aspetto importante della politica nazionale di Lenin era la comprensione del fatto che alcuni elementi della cultura democratica e socialista si possono ritrovare in tutte le culture nazionali, in quanto in ogni nazione vi sono masse lavoratrici e sfruttate, le cui condizioni di vita danno inevitabilmente luogo a un'ideologia democratica e socialista. E al contrario, in ogni nazione esiste una cultura borghese, solitamente dominante, che rispecchia la visione del mondo non soltanto della borghesia, ma anche degli ecclesiastici. Nel lanciare la parola d'ordine della cultura internazionale, i comunisti riprendono da ogni cultura soltanto i suoi elementi democratici e socialisti, in contrapposizione alla cultura borghese e al nazionalismo borghese.

La creazione dello Stato fraterno dei lavoratori - l'Unione delle Repubbliche Socialiste Sovietiche - costituì la realizzazione dell'autentica rivoluzione della politica delle nazionalità attuata da Lenin. Per diversi anni dopo la Rivoluzione d'Ottobre, prese vita una nuova unità formata da rappresentanti di varie nazionalità, che prese il nome di «popolo sovietico». Le critiche borghesi alla politica nazionale dell'URSS prendono puntualmente spunto dai nazionalisti borghesi di ciascuna nazione. Quel che è certo è che le denunce borghesi riguardo all'«oppressione nazionale» nell'URSS non sono che un ammasso di menzogne.

In realtà, ciò che si verificò nell'URSS fu la sistematica emarginazione dei nazionalisti a opera dei lavoratori di ogni nazionalità. È proprio per questo che i capitalisti sono così inorriditi dalla politica nazionale sovietica; per questo la detestano tanto. Nel primo Stato socialista non vi fu un'evoluzione separata di ciascuna nazione così come percepisce la borghesia, bensì un'assimilazione pacifica, graduale e volontaria - un processo privo di privilegi e basato sull'uguaglianza. Il controllo di un grande Stato plurinazionale da parte del proletariato e dei suoi alleati appartenenti alle altre classi lavoratrici dimostrò così la propria efficacia. Oggi possiamo vedere come qualunque Stato non abbastanza esteso non abbia possibilità nella sua competizione contro la borghesia mondiale unita contro di lui, se i lavoratori di quello Stato agiscono separatamente dalle lotte dei lavoratori degli altri Paesi.

Nel mescolarsi tra loro all'interno di uno Stato, i lavoratori di nazionalità diverse devono promuovere la loro cultura internazionale comune del movimento proletario, mostrarsi tolleranti nell'ambito della questione linguistica e tenere conto delle specificità nazionali. I lavoratori devono imparare a riconoscere anche le forme più sottili di propaganda nazionalistica. Qualunque promozione della separazione tra i lavoratori di nazionalità diverse, qualunque attacco al concetto marxista di «assimilazione» volontaria, qualunque sottolineatura delle diverse culture nazionali devono essere immediatamente riconosciuti come aspetti del nazionalismo borghese che vanno combattuti senza pietà.

Nel processo di risoluzione di qualunque questione nazionale, i comunisti devono promuovere il principio della democrazia conseguente senza alcun limite. Qualunque carenza di democrazia nell'ambito di queste questioni può condurre al passaggio dei lavoratori in dubbio nelle file dei nazionalisti, ciò che permetterebbe alla borghesia di esercitare su di loro un'influenza illimitata.

Conclusioni generali

I comunisti moderni hanno una vasta esperienza di lotta accumulata nell'ultimo secolo, nel cui ambito la soluzione delle questioni nazionali occupa un posto importante. Oggi, il compito del consolidamento della classe operaia è inevitabilmente collegato alla ricerca di un approccio ai lavoratori di tutte le nazionalità che risiedono in un dato territorio. La borghesia ha organizzato il trasferimento di massa di milioni di lavoratori, e al tempo stesso fa di tutto per dividere coloro i quali intende sfruttare ancor più a fondo. Spesso la diaspora di una nazione impedisce all'individuo di sfuggire alla «sua» borghesia perfino nel caso in cui emigri in un altro Paese. Anche la costruzione di templi di varie religioni e la promozione dei pregiudizi religiosi ostacolano la comunicazione tra i lavoratori al difuori delle fabbriche, e impediscono loro di trovare un terreno comune.

Consapevoli di tutto questo, i comunisti non devono limitarsi a fare propria l'esperienza dei bolscevichi, ma anche creare una comunicazione moderna a livello internazionale, in modo tale da condividere tra loro nuovi metodi efficaci di consolidamento del proletariato appartenente a nazionalità diverse.

In ogni caso, questo gravoso compito non può essere svolto né a prescindere dall'esperienza storica, né senza una costante analisi dei situazioni e dei metodi contemporanei.


[1] https://rkrp-rpk.ru/2019/03/14/трудовая-миграция-как-вызов-российск/