Il nostro tributo all'Internazionale Comunista: tenere alta la bandiera dell'internazionalismo proletario


Pavel Blanco Cabrera, segretario del CC del Partito Comunista del Messico (PCM)

Caratteri fondamentali e importanza storica della III Internazionale

Un secolo fa l'Internazionale Comunista tenne il suo primo congresso, in un contesto segnato da eventi storici di grande portata e complessità: la fine del primo conflitto mondiale, la Grande Rivoluzione Socialista d'Ottobre e la rivoluzione tedesca. I partecipanti al congresso dell'Internazionale Comunista uscivano da anni di scontri con l'opportunismo, prima nell'ambito della II Internazionale e poi contro la sua deriva antioperaia e anti-marxista; lo scontro, originatosi sul terreno teorico, era passato su quello politico in un contesto di inasprimento della lotta di classe sul piano internazionale e nei singoli Paesi segnato dalla prima guerra mondiale, una guerra imperialista.

La gestazione dell'Internazionale Comunista ebbe inizio nei dibattiti in difesa del marxismo contro le distorsioni di Bernstein e nella celebre controversia tra riforma e rivoluzione - nacque cioè all'interno del fronte ideologico contro il revisionismo, battaglia combattuta non soltanto nell'ambito del Partito socialdemocratico tedesco, ma in tutti i partiti. Vale la pena di ricordare che i teorici dell'opportunismo deformarono in modo grottesco l'ideologia rivoluzionaria della classe operaia, conducendo un attacco metodico e incessante, nascondendo o mutilando i testi di Marx ed Engels e costruendo nel contempo una teoria estranea ai compiti da svolgere per il rovesciamento del capitalismo. I partiti e i gruppi comunisti che si ribellarono contro la direzione opportunista imboccata dalla II Internazionale comprendevano molto bene la necessità di difendere la teoria marxista, e per questo si assunsero instancabilmente il compito di pubblicare le opere classiche e di farle conoscere - per esempio la corrispondenza e i manoscritti inediti, che dimostravano come il senso generale di Marx ed Engels fosse la rivoluzione proletaria. Capirono inoltre che l'opportunismo tentava di trasformare il marxismo in un dogma allo scopo di degradarlo, e che era necessario arricchirlo alla luce dei nuovi sviluppi economici e sociali, tra cui il passaggio del capitalismo dalla libera concorrenza ai monopoli. Tutto ciò permise loro di acquisire un ruolo guida sul piano teorico e di dotarsi di un potente arsenale in vista degli eventi imminenti - l'inizio, cioè, di una nuova era di rivoluzione sociale.

Fu questa previsione, frutto del grande sforzo teorico rivoluzionario di Lenin e dei bolscevichi e delle correnti marxiste di altri Paesi, a rendere possibile la mossa risoluta di dare vita a una nuova internazionale - una scelta controcorrente e compiuta da una minoranza, [1] in una fase in cui, negli anni tra il 1914 e il 1918, il social-sciovinismo e il social-patriottismo apparivano egemoni o perfino incontrastati.

Uno degli elementi della teoria marxista accantonati dall'opportunismo è l'internazionalismo proletario. Accantonato e anche tradito, come dimostra il comportamento della II Internazionale in via di dissoluzione di fronte alla prima guerra mondiale. L'internazionalismo proletario concepiva la fratellanza dei lavoratori di tutti i Paesi non soltanto in riferimento alle necessarie azioni di solidarietà e agire comune, ma anche come contesto per l'elaborazione politica, cioè per la formulazione di una strategia rivoluzionaria unitaria.

Nella Lettera agli operai d'Europa e d'America datata 21 gennaio 1919, Lenin descrive assai puntualmente che la realtà politica che fa da sfondo all'Internazionale Comunista, prima ancora del suo congresso di fondazione, il I Congresso, è la rottura con la II Internazionale da parte del Partito bolscevico, rafforzata dalla decisione degli spartachisti tedeschi di dare vita al Partito comunista tedesco e, parallelamente, dai gruppi comunisti proletari formatisi in Lituania, Finlandia, Polonia, Austria, Ungheria e Paesi Bassi.

Tutti questi gruppi si contrapposero alla piattaforma basata su «la difesa della collaborazione delle classi, il ripudio dell'idea della rivoluzione socialista e dei metodi rivoluzionari di lotta, l'adattamento al nazionalismo borghese, il dimenticare il carattere storicamente transitorio delle frontiere di una nazionalità o della patria, la trasformazione in feticcio della legalità borghese, la rinunzia al punto di vista di classe e alla lotta di classe per paura di allontanare da sé le "larghe masse della popolazione" (leggi: piccola borghesia): queste sono, indubbiamente, le basi ideologiche dell'opportunismo». [2]

La lotta contro l'opportunismo, il revisionismo e il riformismo, incessante, senza concessioni e finalizzata a difendere il marxismo, ripristinandone il carattere di ideologia rivoluzionaria del proletariato, costituì una premessa fondamentale per la nascita della III Internazionale.

Un'altra premessa fondamentale fu la decisione di tenere alta la bandiera dell'internazionalismo proletario, abbandonata dalla maggioranza della II Internazionale. Le pressioni erano assai forti, e questa decisione fu decisamente controcorrente. Fu un crimine, da parte degli opportunisti, appoggiare la guerra e condurre i lavoratori al massacro.

Naturalmente, questo esempio che mostra come nel difendere i principi non si debba avere paura di essere minoranza riveste grande importanza.

Lenin sottolinea anche come un'altra caratteristica importante della III Internazionale consista nel mettere in pratica, dopo la Comune di Parigi, la dittatura del proletariato, con la Grande Rivoluzione Socialista e il potere sovietico.

Una volta creata l'Internazionale Comunista, la sua esistenza e le sue attività contribuirono qualitativamente alla lotta di classe internazionale del proletariato. La I e la II Internazionale, malgrado i loro grandi sforzi, non erano riuscite ad avere l'impatto globale che ebbe l'Internazionale Comunista.

Per la prima volta, la diffusione delle idee del socialismo scientifico, integrate sotto forma di marxismo-leninismo, divenne universale. Fu messo in atto uno straordinario sforzo di traduzione e pubblicazione dei classici, la cui distribuzione fu organizzata, nonostante le condizioni di segretezza, in tutti i continenti, in tutte le lingue e in buona parte dei dialetti. Milioni di lavoratori entrarono allora in contatto con le idee comuniste.

In tutti i continenti e in gran parte dei Paesi, con la creazione di sezioni dell'Internazionale Comunista, la classe operaia si dotò di una sua avanguardia, di un suo partito politico - il partito comunista. In alcuni Paesi, per esempio in quelli europei, esistevano già partiti che erano l'esito della lotta tra opportunisti e rivoluzionari nell'ambito delle organizzazioni della II Internazionale; ma in America Latina, Asia e Africa, il proletariato ebbe per la prima volta il suo partito di classe. Nel corso del secolo apparirà manifesta l'importanza di questo contributo della III Internazionale - gli operai, con i loro dirigenti, attueranno processi rivoluzionari, organizzandosi meglio e accumulando esperienza in vista del loro obiettivo storico.

Inoltre, i partiti nati dagli sforzi del COMINTERN, ispirati alle 21 condizioni per l'ingresso nella struttura, furono costruiti come partiti di tipo nuovo, basati sulla teoria organizzativa leninista, il che implicò un enorme progresso rispetto alle forme esistenti dei partiti socialdemocratici. Migliaia di militanti destinati a fare da spina dorsale dei partiti comunisti si formarono come quadri nella Scuola Internazionale Leninista.

Nei suoi congressi e nelle sue sedute plenarie, così come nelle sue commissioni e organizzazioni, la III Internazionale condusse uno studio costante della lotta di classe, della situazione economica e delle sue tendenze, delle politiche reazionarie, delle azioni politiche dei rivoluzionari in ciascun Paese, della costruzione del socialismo e delle sue difficoltà, delle contraddizioni inter-imperialiste, dell'antagonismo tra sfruttati e sfruttatori, tra oppressi e oppressori - ed elaborò strategie, tattiche e slogan. Il cervello mondiale della classe operaia si mise all'opera nella lotta contro il capitale.

Non deve sorprenderci che il nemico di classe attacchi l'Internazionale Comunista, ma è grave che alcuni dirigenti e quadri del movimento comunista, anche oggi, facciano propria la falsa idea che i suoi orientamenti fossero decisi dal centro e fossero estranei alla realtà, o peccassero di eurocentrismo. Oggi è possibile esaminare nei particolari il lavoro del COMINTERN e verificare la serietà e la fondatezza delle sue posizioni. In nessun caso, tuttavia, possiamo tollerare le calunnie che mirano a fare la caricatura dell'elaborazione di posizioni comuni, dell'elaborazione di una strategia rivoluzionaria unitaria - ciò che l'Internazionale Comunista fece nel corso della sua esistenza, ma che è necessario anche oggi, così come lo era negli anni e nei decenni che seguirono la dissoluzione del COMINTERN.

Studiando i materiali del COMINTERN, la rivista L'Internazionale Comunista, la corrispondenza dell'Internazionale, le bozze di accordo del Comitato Esecutivo e delle sedute plenarie e delle commissioni regionali, siamo in grado di cogliere i dibattiti approfonditi e l'evoluzione dei punti di vista in funzione delle realtà in trasformazione della lotta di classe, nonché il costante adattamento degli orientamenti. Le versioni della storia della III Internazionale che tendono a presentarla come distaccata dagli eventi di ciascuna delle sue sezioni sono false.

I lavoratori e il movimento comunista del Messico fecero un salto di qualità arricchendo le loro percezioni con le discussioni, gli orientamenti e i consigli della III Internazionale, alleggerendosi rapidamente dal peso dell'apoliticità, dell'astensionismo, del settarismo e di altre deviazioni che avevano favorito il radicamento dell'anarchismo nella classe operaia messicana nell'ultimo quarto dell'Ottocento.

La classe operaia messicana sarà sempre in debito con l'Internazionale Comunista per il suo contributo alla formazione del suo partito politico rivoluzionario, il Partito Comunista.

Elementi di dibattito sulla III Internazionale nel movimento comunista internazionale

Ragionando oggettivamente, senza nostalgie ma anche senza pregiudizi, si può affermare che le argomentazioni addotte dal Comitato Esecutivo nei riguardi delle sue sezioni allo scopo di procedere allo scioglimento della III Internazionale sono insufficienti. Gli altri ambiti di azione del movimento comunista internazionale erano limitati; il più importante, il KOMINFORM, cessò di esistere in seguito all'attacco opportunista rappresentato dal XX Congresso del PCUS. Va notato come una delle correnti che hanno costituito la piattaforma ideologica della corrente opportunista dell'eurocomunismo, il «marxismo occidentale», concentri i suoi attacchi sul V e sul VI Congresso dell'Internazionale Comunista e sull'Ufficio Informazioni dei Partiti Comunisti, elogiando invece il VII Congresso del 1935 e il XX Congresso del PCUS, che apre la strada al policentrismo e alle cosiddette vie nazionali al socialismo.

Prese piede una percezione che a nostro giudizio - il Partito Comunista del Messico, infatti, studia sistematicamente da diversi anni l'esperienza dell'Internazionale Comunista - è scorretta: che l'elaborazione strategica approvata dal VII Congresso dell'Internazionale Comunista avesse un carattere generale e una validità permanente e immutabile.

Il COMINTERN era attento agli sviluppi della lotta: teneva conto della crisi del capitalismo, delle politiche degli Stati borghesi per raggiungere la stabilità, delle esplosioni insurrezionali, dell'affermarsi del fascismo, del ruolo della socialdemocrazia, delle strategie e delle tattiche - consapevole che è sempre necessario compiere adattamenti e aggiustamenti, passando decisamente all'offensiva oppure organizzando la ritirata e la difesa. Le deviazioni di sinistra e di destra, il golpismo, l'avventurismo, l'estraniamento dalla classe - tutto ciò ribadisce la necessità di lavorare tra le classi, tra le masse. A questo proposito si possono studiare le esperienze del COMINTERN in Germania, Italia, Cecoslovacchia, Messico, Cina. E va compreso che, nell'elaborazione strategica e tattica, la politica leninista basata sull'analisi concreta della realtà concreta costituiva una necessità per il COMINTERN. In questa elaborazione, a dominare era il dibattito approfondito tra il Comitato Esecutivo e ciascuna sezione nazionale. Dobbiamo confutare la calunnia secondo cui la III Internazionale - e ogni eventuale futura forma di unità o coordinamento nell'ambito del movimento comunista internazionale - sarebbe stata destinata al fallimento nel suo sforzo di elaborare una strategia rivoluzionaria, in quanto non avrebbe tenuto conto delle specificità e delle particolarità. Al contrario, come vedremo più oltre, una strategia rivoluzionaria comune è necessaria oggi come lo era in passato, quando la gloriosa Internazionale Comunista ne dimostrò l'efficacia. Anche alcune tendenze centriste nel movimento comunista ritengono che si debbano compiere dei passi in direzione di un coordinamento, ma rifiutano assolutamente l'idea di un'analisi congiunta e di posizioni comuni su questioni essenziali.

Benché esista una minoranza che rifiuta il contributo dell'Internazionale Comunista, la maggioranza dei partiti comunisti e operai lo considera fondamentale. La differenza sta nella sua valutazione complessiva. Costoro, infatti, condividono soltanto la politica dei fronti popolari, delle alleanze con la socialdemocrazia. Ed è questa la questione fondamentale, il fondamento stesso dell'esistenza di ogni partito comunista.

Diversamente da quanto affermano i teorici - o per meglio dire i pubblicisti - dell'opportunismo che si annidano nel movimento comunista internazionale, il V e il VI Congresso non fecero proprio il settarismo o il dogmatismo. Il periodo è assai difficile - segnato per esempio dalla crisi del 1929, dall'arretramento della situazione rivoluzionaria, dall'avvento al potere del fascismo in vari Paesi: un periodo di reazione in cui vari partiti comunisti sono costretti alla clandestinità. Malgrado le difficoltà, le direttive sono precise e puntuali: intensificare il lavoro di organizzazione nel proletariato industriale, con un sindacalismo rosso e classista, organizzare in massa i disoccupati e tutti i lavoratori rimasti senza lavoro; politica del fronte unitario, nella precisa accezione di fronte unico dal basso specificata dal XI Plenum del Comitato Esecutivo dell'Internazionale Comunista; preparazione della lotta contro la guerra imperialista; intenso dibattito sulla costruzione del socialismo nell'URSS e scontro con le correnti antiproletarie del trotzkismo, con l'opposizione di destra e con la controrivoluzione interna, allo scopo di proseguire l'industrializzazione e la pianificazione dell'economia; elaborazione dell'unico programma del COMINTERN.

Esaminando la storia della sezione messicana, si può notare come il giovane PCM, fondato nel 1919, cresca in questo periodo, malgrado la clandestinità a cui è costretto per cinque anni. Dinanzi al proletariato messicano nasce il suo partito di classe, in contrapposizione ideologica con la socialdemocrazia, con la borghesia e con la piccola borghesia, viene conquistata l'indipendenza di classe e viene forgiata una coscienza socialista tra i lavoratori. La netta svolta del VII Congresso è catastrofica per il PCM, malgrado alcuni apparenti successi che abbagliano ma non si fondano su basi oggettive: il partito passa da 5000 a 30.000 militanti tra il 1936 e il 1939, ma dopo la grande crisi del Congresso Straordinario del 1940 crolla al disotto dei 3000 iscritti; il suo giornale, che prima del 1935 aveva raggiunto una tiratura quotidiana di 50.000 copie, si trasforma in un settimanale pubblicato in modo irregolare e la possente presenza sindacale del partito diviene marginale; ideologicamente debole, il partito accetta senza resistenze le tesi browderiste.

È importante chiarire alcune questioni. Il carattere delle alleanze è un elemento cruciale, e quando esse hanno un carattere interclassista non rafforzano gli interessi della classe operaia, bensì quelli della borghesia. Questa conclusione, alla luce delle esperienze del passato, non è valida soltanto per il periodo in questione, ma si applica anche alla situazione attuale, in relazione alle alleanze contemporanee tra partiti comunisti e forze socialdemocratiche, come nel caso del progressismo in America e in quello della partecipazione di partiti comunisti a coalizioni con forze borghesi, nel cui ambito essi giungono a partecipare all'amministrazione dello Stato assumendosi responsabilità di governo. Tutto ciò diviene ancor più grave quando il fronte ideologico arretra, il che dimostra l'importanza delle osservazioni di Lenin nel suo Chi sono gli «amici del popolo»? riguardo alla dicotomia tra ideologia borghese e ideologia socialista. È in questa fase che la sezione messicana della III Internazionale, con la sua linea di unità a ogni costo, consente che l'ideologia borghese della Rivoluzione Messicana si trasformi in fondamento dell'unità sindacale e in piattaforma programmatica del fronte popolare in Messico, arretrando in misura significativa nella lotta per la coscienza della classe operaia; inoltre, l'ideologia della Rivoluzione Messicana pervade il PCM, che ritiene che il carattere progressista della borghesia non si limiti alla sua lotta rivoluzionaria contro il feudalesimo o al ruolo da essa svolto nell'Ottocento contro il colonialismo in America, ma si estenda anche all'epoca dell'imperialismo e delle rivoluzioni proletarie.

Un'altra posizione aberrante è il cedimento sulla questione del ruolo di partito della classe operaia, che prende in considerazione perfino il suo scioglimento qualora sia necessario. Il PCM si fonde con il Partito della Rivoluzione Messicana, un partito borghese, considerandolo espressione concreta del Fronte Popolare, e nell'interesse dell'unità a ogni costo scioglie la Federazione dei Giovani Comunisti all'interno della Gioventù Socialista Unificata del Messico (JSUM), che non è più una gioventù comunista, la gioventù del partito, la fucina dei quadri, bensì un organismo unitario funzionale al fronte popolare diretto dalla borghesia, con un'ideologia borghese - e si trasforma in fucina di quadri di un partito borghese.

Si comprenderà quindi perché mettiamo in discussione l'idea che il fronte unito con la socialdemocrazia e altre forze borghesi rappresenti il livello più alto di elaborazione strategica del movimento comunista internazionale. Oggi, inoltre, manca l'elemento principale dell'argomentazione utilizzata nel 1935: la difesa della patria del socialismo, l'Unione Sovietica. Dunque, che cosa può giustificare oggi le alleanze interclassiste?

Noi riteniamo che le alleanze con la socialdemocrazia rappresentino una manifestazione opportunista di collaborazione di classe e un serio ostacolo alla lotta rivoluzionaria; che la creazione di fronti di questo tipo costituirà sempre l'anticamera della liquidazione del partito comunista; e che l'assenza di un partito comunista costituisca il più grave assalto contro la classe operaia e i suoi obiettivi immediati e storici.

Esistono alleanze di questo genere che non hanno giustificazione alcuna - una di queste è l'appoggio fornito dal Partito Comunista degli Stati Uniti al Partito Democratico. Quando si mette da parte la prospettiva degli interessi della classe operaia e si accetta la logica del «male minore», perfino la politica imperialista del Partito Democratico può sembrare migliore della politica imperialista del Partito Repubblicano. Così, vari partiti comunisti giustificano il loro appoggio a politiche borghesi prendendo a pretesto la lotta contro l'«estrema destra» e il fascismo.

Nutriamo grande rispetto per la politica dei comunisti contro il fascismo durante la seconda guerra mondiale, ma non possiamo dimenticare che alcuni elementi di questa politica sono legati al browderismo, alla piattaforma opportunista del XX Congresso del PCUS, all'eurocomunismo, e che sotto alcuni aspetti costituiscono una piattaforma simile a quella dell'opportunismo della II Internazionale.

È paradossale che i sostenitori di una strategia opportunista comune si oppongano all'elaborazione di una strategia rivoluzionaria unitaria affermando che la generalizzazione dell'esperienza non tiene conto dell'importanza della lotta nazionale, delle specificità e delle particolarità; a ciò contrappongono una strategia generale basata sulla possibilità di una transizione pacifica dal capitalismo al socialismo - che ha già dimostrato la sua impraticabilità in Cile e nelle roccaforti dell'eurocomunismo (Italia e Francia) - e sulle vie nazionali al socialismo, sempre con le medesime caratteristiche: rifiuto della dittatura del proletariato, alleanza con la socialdemocrazia, formazioni politiche multiclassiste, gestione capitalista dell'economia, promozione della democrazia borghese a valore assoluto - o, per dirla più brutalmente, gestione da parte dei comunisti dei governi del capitalismo.

Necessità di proseguire l'esperienza della III Internazionale

Tra il 2007 e il 2010, il processo di riorganizzazione del PCM ha dovuto fronteggiare una crisi interna. Potevamo continuare quel processo con la piattaforma adottata dal movimento comunista dopo il 1956, limitando le critiche alla perestrojka, oppure era necessario lottare per restituire al marxismo-leninismo il suo contenuto rivoluzionario, e affrontare così la lotta di classe contemporanea?

Nell'approfondito dibattito culminato nel nostro IV Congresso, abbiamo deciso di inserire nello statuto del PCM il dovere del partito e dei suoi militanti di lottare per dare continuità all'Internazionale Comunista. Non si tratta di una dichiarazione retorica: esiste la necessità, per i lavoratori di tutto il mondo e per il movimento comunista internazionale, di affrontare le questioni strategiche dello scontro con il capitale e con il sistema imperialista.

Per questo combattiamo a favore di questa corrente dei partiti comunisti leninisti, con pazienza e consapevoli delle difficoltà, senza prendere decisioni improvvisate malgrado l'urgenza, ma con la convinzione profonda e incrollabile che si debba dare continuità all'opera della III Internazionale.

Fino a quando lo riterremo nostro dovere, continueremo ad approfondire le questioni ideologiche comuni alla classe operaia internazionale e a lottare contro i nuovi travestimenti dell'opportunismo e delle teorie borghesi e piccolo-borghesi che ostacolano l'unità internazionale del proletariato e del movimento comunista.

Una di queste teorie - che esercita una certa influenza in America Latina - è quella che, rivestendosi artificiosamente di panni marxisti, indica come questione principale la contraddizione tra nord e sud; il suo principale esponente, Samir Amin, ha affermato che lo sviluppo di Cina e India costituisce il principale contrappeso al capitalismo del nord, su base geografica. In sostanza si tratta di un'argomentazione che riprende la teoria borghese della multipolarità e che ha lo scopo di spingere la classe operaia a schierarsi sotto bandiere straniere nella lotta inter-imperialista in corso nel mondo. Da essa deriva una vecchia idea promossa dalla «Nuova Sinistra» secondo cui gli operai dei Paesi capitalisti più sviluppati non avrebbero alcun ruolo nella lotta rivoluzionaria, dal momento che sarebbero i popoli del sud e altri soggetti emergenti a essere interessati alla trasformazione. È un'idea che ha trovato spazio in alcuni partiti comunisti, e dalla quale dissentiamo.

La classe operaia, indipendentemente dalla nazionalità, dalla posizione geografica, dalla razza o dal sesso, è portatrice delle caratteristiche rivoluzionarie necessarie per divenire la tomba del capitalismo. Se a causa della divisione internazionale del lavoro in una determinata regione si intensifica lo sfruttamento, ciò non produce automaticamente una trasformazione dei lavoratori in senso rivoluzionario, che dipende specificamente dall'acquisizione della coscienza di classe, dalla formazione politica, dall'agitazione, dalla propaganda e dall'organizzazione - cioè dal ruolo del partito comunista. Queste idee somigliano alle tesi opportuniste rifiutate dalla teoria leninista, secondo cui il socialismo è praticabile soltanto nelle aree caratterizzate dal maggiore sviluppo capitalista.

Dobbiamo stare in guardia contro tutte le idee che tendono a ostacolare l'unità della classe operaia su scala nazionale e internazionale e a dividerla - idee che si rivestono sistematicamente di una patina progressista o di sinistra.

E dobbiamo continuare a compiere il massimo sforzo per mantenere alta la bandiera dell'Internazionale Comunista. A nostro modesto avviso, l'esistenza della Rivista Comunista Internazionale rappresenta un contributo importante in questa direzione.


[1] Scrive Lenin nel 1914: «la II Internazionale ha compiuto la sua parte di utile lavoro preparatorio, di organizzazione delle masse proletarie nel lungo periodo "pacifico" della più crudele schiavitù capitalistica e del più rapido progresso capitalistico. Alla III Internazionale spetta il compito di organizzare le forze del proletariato per l'assalto rivoluzionario contro i governi capitalistici, per la guerra civile contro la borghesia di tutti i paesi, per il potere politico, per la vittoria del socialismo!»

[2] Lenin, La situazione e i compiti dell'Internazionale Socialista, in Opere complete, vol. 21, pag. 27.