Il Partito Comunista e la classe operaia venezuelana nel dilemma della Rivoluzione Bolivariana


Pedro Eusse

L'attuale crisi sistemica del capitalismo, coincide con lo sviluppo dei processi progressisti e rivoluzionari, fondamentalmente a carattere antimperialista e anti-oligarchico, in particolare in America Latina, le cui molteplici contraddizioni intrinseche generano aspettative in diverse direzioni.

Uno dei tratti comuni in tali processi politici, oltre al loro carattere di messa in discussione della dominazione imperialista statunitense nella regione, alla rivendicazione della sovranità nazionale e di una migliore distribuzione della ricchezza, attributi che di per sé li rendono meritori del sostegno delle forze coerentemente rivoluzionarie, è che la loro avanguardia sociale è stata assunta dai settori radicalizzati della piccola borghesia e degli strati medi professionali, insieme ad un importante protagonismo della cosiddetta borghesia nazionale emergente, non monopolista, interessata a prendere le redini della dinamica economica, in contrapposizione con la strategia di controllo egemonico globale dei monopoli transnazionali.

Contrapposizione inter-borghese che ha una sua particolare determinazione in Venezuela, con la sua economia di rendita petrolifera, dove praticamente tutta la dinamica economica e sociale ruota attorno le risorse generate dalle esportazioni di petrolio, attività che è sotto il monopolio statale e motivo per cui i diversi settori borghesi cercano di prendere direttamente o indirettamente il controllo dell'apparato statale e dell'amministrazione delle entrate petrolifere.

In questo contesto, è nato il progetto diversivo del "socialismo del XXI secolo", avanzato con maggiore enfasi dalla dirigenza della Rivoluzione Bolivariana in Venezuela, seguito dai governi progressisti di Ecuador, Bolivia e Nicaragua, assunto inoltre da correnti politiche opportuniste in altri paesi dell'America Latina e dei Caraibi.

Questa circostanza storica è stata la culla della rinascita di diverse vecchie "teorie" e concezioni, presentate come apparentemente originali e autoctone, con l'etichetta di endogene, ma che in definitiva comportano la negazione della lotta di classe e del ruolo rivoluzionario della classe operaia, il rifiuto della teoria scientifica del proletariato e della necessità del suo strumento organico, il partito politico fondato sui principi del marxismo-leninismo.

Così, a partire dalla direzione del processo venezuelano, vi sono settori che diffondono concetti introdotti da teorici social-riformisti, "post-modernisti" e dai revisori del marxismo, elevando a categoria di soggetto storico rivoluzionario le "moltitudini" (Antonio Negri e Paolo Virno), "il Popolo" - sprovvisto di un criterio di classe - e le comunità territoriali. Il problema di queste categorie è che sono generiche e astratte, non storicamente concrete e pertanto carenti di un contenuto di classe specifico. Parlare di "moltitudini", per esempio, vuol dire eludere o almeno deformare la lotta di classe, che non avviene tra i molti e i pochi, ma tra gli sfruttati e gli sfruttatori, indipendentemente dalla loro forza numerica. Inoltre, l'enfatizzare in modo estremo, da parte della dirigenza del processo rivoluzionario e del governo, il ruolo da protagonista delle comunità territoriali, rende ancor di più evidente il tentativo di frenare lo sviluppo organizzativo e socio-politico che la classe operaia e gli altri lavoratori e lavoratrici devono raggiungere, a partire dai loro luoghi di lavoro e dai vari settori industriali, nella dinamica della lotta di classe, per l'abolizione dei rapporti di produzione capitalistici.

Allo stesso tempo, dalle istanze dirigenti del processo si diffonde la negazione del materialismo dialettico e il disconoscimento dell'azione delle leggi di sviluppo sociale (Kohan), cercando di supportare teoricamente il volontarismo e il soggettivismo, a scapito della concezione materialistica della storia. In questa esplosione di deviazioni ideologiche, irrompe facilmente l'anticomunismo nel discorso e nella pratica politica, in nome del socialismo del XXI secolo, facendo concessioni all'ideologia borghese e al ricatto anticomunista della guerra psicologica dell'imperialismo, indebolendo la forza politica e morale della rivoluzione bolivariana contro i piani della controrivoluzione.

Questa situazione si spiega in gran parte nell'ancora insufficiente forza quantitativa e qualitativa della classe operaia venezuelana, cosa che le ha finora impedito di svolgere un ruolo determinante o rilevante nel processo di cambiamento in corso nella Repubblica Bolivariana del Venezuela, anche se ci sono manifestazioni crescenti e visibili di una sempre maggiore coscienza politica della classe operaia e del popolo lavoratore del Venezuela, che favorisce lo sviluppo di una linea politica per la difesa, il consolidamento e l'approfondimento dei cambiamenti rivoluzionari. Alcuni di questi segnali positivi sono le azioni di massa per l'approvazione di una nuova e rivoluzionaria Legge Organica del Lavoro e le lotte per avanzare nella creazione di un nuovo modello di gestione delle imprese, in particolare quelle di proprietà dello Stato, in base al principio del controllo operaio, con la costituzione dei Consigli Socialisti dei Lavoratori e Lavoratrici, come strumenti per l'esercizio della direzione collettiva dei lavoratori e delle lavoratrici nei processi produttivi, in lotta per smantellare i rapporti di produzione capitalistici oppressivi e per distruggere lo Stato borghese, propiziando la formazione di una coscienza rivoluzionaria nella classe operaia.

I Consigli Socialisti dei Lavoratori e Lavoratrici, così come sono concepiti dal Partito Comunista del Venezuela (PCV), adempieranno pienamente al loro ruolo rivoluzionario di classe nella misura in cui i lavoratori e le lavoratrici che si adoperano per la loro costruzione e sviluppo, eleveranno la loro coscienza da classe in sé a classe per sé, in modo differente dei "consigli operai" sorti in alcuni paesi europei per iniziativa del social-riformismo.

Secondo l'analisi del Partito Comunista del Venezuela, i cambiamenti avvenuti negli ultimi anni nel quadro della cosiddetta Rivoluzione Bolivariana sono fino a questo momento il risultato di una pratica social-riformista di tendenza patriottica e progressista, con un determinante protagonismo dei settori della piccola borghesia. Questa realtà sarà superata solo attraverso un nuovo rapporto di forze popolari e rivoluzionarie guidato dalla classe operaia, che permetterà di garantire il consolidamento della liberazione nazionale e di creare le condizioni per avanzare effettivamente verso l'obiettivo strategico della presa del potere da parte della classe operaia e di avanzare nella costruzione del socialismo.

La Rivoluzione Bolivariana si approssima inoltre ad un crocevia e un dilemma storico, il cui risultato sarà determinato dalla correlazione delle forze di classe che operano al suo interno: o si consolida un processo di riforme progressiste che conservano le fondamenta del sistema capitalista o si avanza verso una transizione centrata sullo smantellamento dell'apparato borghese e sulla sostituzione dell'attuale carattere dominante dei rapporti capitalistici di produzione.

Cause dell'insufficiente protagonismo della classe operaia nell'attuale processo venezuelano

La classe operaia venezuelana non ha avuto, storicamente e in termini generali, un'alta composizione numerica, principalmente a causa del tradizionale modello monoproduttore e monoesportazione della nostra economia nazionale e alle caratteristiche di arretratezza industriale del nostro paese, risultato della condizione di dipendenza e del ruolo assegnato al nostro paese, nel quadro della divisione internazionale del lavoro sotto la direzione imperialista, come produttore ed esportatore quasi esclusivo di materie prime, in particolare di petrolio grezzo.

Sebbene tra gli anni '60 e '70 del XX secolo siano sorti alcuni importanti agglomerati industriali, fondamentalmente di proprietà statale, come le imprese della Corporación Venezolana de Guayana (CVG), ciò nonostante, negli anni '80, come effetto dell'attuazione delle politiche neoliberiste, ebbe inizio una rapida deindustrializzazione del paese. Questa tendenza è stata interrotta nel 1999, quando il governo del presidente Chavez ruppe con le politiche neoliberiste, ma vari fattori interni ed esterni hanno impedito l'attivazione di un processo di sostenuta re-industrializzazione del paese.

Se è vero che la debolezza della produzione ha provocato un relativo declino numerico del proletariato industriale (per esempio, il numero dei lavoratori occupati nell'industria manifatturiera si è ridotto di oltre il 20% dal 1990), questo non significa una diminuzione assoluta della classe lavoratrice, in quanto vi è stato un aumento della forza lavoro impiegata in altri settori, in particolare nel settore delle costruzioni, del commercio e dei servizi, comprese le telecomunicazioni e l'energia elettrica.

Tuttavia, gli operai dell'industria manifatturiera sono ancora molto importanti dal punto di vista qualitativo, nonostante la significativa riduzione subita nelle loro file. Il loro numero è ora inferiore ai 500 mila, il 4% del totale della forza lavoro attiva del paese. Tra essi emergono i metallurgici, concentrati nel complesso industriale guayanese.

Effettivamente si è sperimentato un processo di diminuzione del parco industriale, prodotto della chiusura unilaterale delle imprese da parte dei loro proprietari, sia per motivi politici che economici legati agli effetti residuali delle politiche neoliberiste che hanno favorito le tendenze verso la concentrazione e centralizzazione del capitale. Tra il 1996 e il 2007, il numero totale di imprese industriali è sceso di quasi il 40%, una riduzione che ha particolarmente colpito le piccole e medie imprese.

Per quanto riguarda il proletariato petrolifero venezuelano, esso non ha storicamente registrato un grande numero di effettivi, ma nei primi cinque decenni del XX secolo, periodo di instauraconzione e consolidamento dell'economia petrolifera, è stata la componente più numerosa, organizzata e combattiva dell'intera nostra classe operaia. Conobbe poi una diminuzione e indebolimento derivanti dalla nascita a dall'uso di nuove tecnologie e dalla proliferazione dei meccanismi di terziarizzazione e subcontrattazione nei rapporti di lavoro, come dall'influenza perniciosa e divisionista delle correnti corrotte della socialdemocrazia filo-imperialista che dominarono i sindacati del petrolio per molti anni.

Attualmente, con l'intensificazione delle attività nel bacino dell'Orinoco e la recente nazionalizzazione dei servizi legati alle attività primarie come il trasporto, la perforazione, i servizi generali, tra gli altri, la statale Petroleos de Venezuela S.A. (PDVSA) ha incrementato il suo personale di centomila lavoratori e lavoratrici, includendo le aumentate nomine amministrative e dei servizi sociali che il governo bolivariano ha assegnato alla società petrolifera nazionale.

Per quanto riguarda gli aspetti soggettivi che definiscono il finora insufficiente ruolo rivoluzionario della nostra classe operaia, vi è la tradizionale divisione organica del movimento sindacale venezuelano, la sua debole organizzazione e il predominio nelle sue dirigenze delle tendenze riformiste e burocratiche, anche se sono sempre state molto attive e combattive le tendenze che rivendicano il classismo all'interno del nostro movimento sindacale, con la partecipazione straordinaria dei militanti comunisti.

La lotta contro il riformismo e l'opportunismo nel movimento operaio venezuelano

Lo scontro in Venezuela tra il sindacalismo di classe e il sindacalismo riformista e i loro raggruppamenti organici, non sono al margine della lotta storica universale per conquistare le masse lavoratrici, o per lottare per spezzare le catene dello sfruttamento capitalistico e conquistare la piena liberazione sociale, o per accettare docilmente la moderna schiavitù salariata e condannare tutta l'umanità all'oppressione esercitata dal capitale.

Come è noto, la divisione organica e politica del sindacalismo ha le sue origini nella storia stessa del movimento operaio internazionale, dal momento che il nemico di classe riesce a ottenere che le tendenze riformiste e opportuniste si sviluppino e agiscano con forza al suo interno. In modo che, con la divisione della Seconda internazionale nel 1914, nacque la socialdemocrazia borghese contemporanea, portatrice del collaborazionismo di classe.

La Federazione Sindacale Mondiale (FSM), fondata nel 1945, come la centrale internazionale che esprime i genuini interessi e obiettivi dei lavoratori di tutto il mondo, venne divisa qualche anno dopo, come risultato di un complotto orchestrato dall'imperialismo statunitense. Negli ultimi anni, la destra sindacale mondiale, in risposta alla strategia globale di dominio dei capitali transnazionali, ha deciso di unirsi in una unica centrale, fondata nel novembre 2006, la Confederazione Sindacale Internazionale (CSI), prodotto della fusione della socialdemocratica CISL Internazionale (ICFTU) e della social-cristiana Confederazione Mondiale del Lavoro (CML). In America, si unificarono l'Organizzazione Regionale Interamericana del Lavoro (ORIT), filiale continentale della CISL Internazionale e la Confederazione dei Lavoratori dell'America Latina(CTAL), filiale continentale della CML, nella Confederazione Sindacale dei Lavoratori e Lavoratrici delle Americhe (CSA). In Venezuela, le centrali sindacali di destra CTV, CGT e CODESA - le ultime due quasi estinte- si sono affiliate alla CSA e alla CSI.

La FSM, da parte sua, ha contato dagli anni '60 sull'affiliazione della Centrale Unitaria dei Lavoratori del Venezuela (CUTV), che ancora con relativa debolezza organica, è stata per decenni un riferimento di classe nelle lotte dei lavoratori venezuelani, in particolare al momento di denunciare e combattere, negli anni '80 e '90, le politiche neoliberiste di flessibilità lavorativa, privatizzazione delle imprese e smantellamento della sicurezza sociale, facendo da controparte alla filo-padronale e filo-imperialista CTV, che dagli anni '60 divenne uno strumento sindacale al servizio dell'oligarchia venezuelana e dei suoi governi.

L'inizio del processo rivoluzionario bolivariano, con l'elezione del presidente Chavez e l'approvazione della Costituzione della Repubblica Bolivariana del Venezuela, ha acuito la lotta di classe, ma ha anche creato le condizioni per spazzare via l'egemonia sindacale esercitata dalla CTV e per la ricerca dell'unità sindacale, a partire dal raggruppamento dei diversi fattori lavorativi influenzati dal processo rivoluzionario. In questa dinamica sorge l'Unione Nazionale dei Lavoratori e Lavoratrici (UNETE), aderente alla FSM, che supporta il processo rivoluzionario da posizioni di indipendenza di classe.

Nonostante il progresso rappresentato dal processo anti-neoliberale e anti-imperialista in corso nel Venezuela e nonostante l'esistenza della UNETE, il movimento operaio e sindacale venezuelano continua ancora ad affrontare la storica tendenza della borghesia e dello Stato a sottometterlo alla sua tutela e subordinazione. Oltre le correnti sindacali apertamente controrivoluzionarie, esistono correnti che, pur proclamando una posizione a favore del processo rivoluzionario, hanno una concezione e una pratica riformista e opportunista, optando per un sindacalismo padronale e formale, che propugna una divisione della UNETE e la formazione di un'altra centrale sindacale, costruita burocraticamente sullo sfondo del potere statale. Questa situazione complica la lotta dei lavoratori contro il padrone pubblico e privato, ancora di più quando da vari livelli del potere politico si tende ad assumere apertamente una posizione anti-sindacale o, in ogni caso, contraria al l'esistenza indipendente delle organizzazioni dei lavoratori e delle lavoratrici.

Per il PCV, la necessità di difendere e rafforzare l'autonomia e l'indipendenza del movimento operaio e sindacale, così come di tutte le organizzazioni di massa, contro i padroni, lo Stato e i partiti borghesi e piccolo-borghesi, si colloca al primo posto fra le priorità dei lavoratori con coscienza di classe, sia nelle organizzazioni sindacali, che nelle azioni dei delegati alla prevenzione (rappresentanti dei lavoratori e lavoratrici in difesa della salute e sicurezza sul lavoro) e dei Consigli Socialisti dei Lavoratori e Lavoratrici, sorti come conseguenza della premessa costituzionale della democrazia partecipativa e protagonista e come strumenti di rivendicazione dell'esercizio del controllo operaio nei processi di produzione, gestione e distribuzione dei beni e servizi, in ogni centro di lavoro e nei diversi rami della produzione.

Tale necessità è evidenziata dal fatto che è in sviluppo una diffusa tendenza a subordinare al governo nazionale e agli altri organi del potere statale, tutte le organizzazioni sociali. Ma la cosa è particolarmente grave nel caso delle organizzazioni della classe lavoratrice, posto che l'esercizio dell'egemonia della piccola borghesia nella direzione del processo e del governo nazionale, prevede che i lavoratori declinino la loro indipendenza di classe, indispensabile per rivendicare i propri diritti particolari e per rivendicare i propri interessi collettivi, economici, sociali e politici che, fondamentalmente, sono gli stessi interessi della maggioranza popolare della città e della campagna, ma che a loro volta sono interessi contrari a quei settori che, in sostanza, esercitano buona parte del potere politico. Questa situazione sta generando continui e crescenti conflitti.

Stando così le cose, la lotta per avanzare verso l'unità organica e programmatica del movimento dei lavoratori e delle lavoratrici, è parte della lotta per trasformare il sindacalismo venezuelano, riarmandolo dei principi che devono guidare l'azione liberatrice della nostra classe, essenzialmente per sconfiggere il riformismo al suo interno e per far si che nelle sue diverse lotte e conquiste, serva alla formazione della coscienza di classe e all'ascesa del proletariato, in alleanza strategica con altre classi e strati sociali anch'essi sfruttati e oppressi, alla condizione di classe dirigente.

Come dichiarato dal XIII Congresso Straordinario del PCV (marzo 2007): "... tra i compiti più importanti del partito della rivoluzione, vi è la progettazione di una politica in grado di conquistare il movimento sindacale per riordinarlo, per sradicare gli enormi vizi incubati a causa delle tremende perversioni del riformismo, delle pratiche sviluppate dalle organizzazioni sindacali padronali, e degli effetti del clientelismo, per rompere definitivamente con la sua atomizzazione, per convertirlo in una forza di prima linea nella costruzione di una nuova società".

E' necessaria l'esistenza e il rafforzamento del partito della classe operaia nel quadro del processo politico venezuelano

Coloro che nel processo bolivariano considerano la classe operaia non come il soggetto storico della rivoluzione sociale, ora per ignoranza della teoria del socialismo scientifico, ora perché considerano minacciati i loro interessi di classe, giungono alla conclusione che la classe operaia non deve organizzarsi in modo indipendente, come classe. Pertanto, sdegnano e mettono in discussione la validità del partito rivoluzionario della classe operaia, cercando di screditare il Partito Comunista del Venezuela, puntando alla sua invisibilità, spingendo per la sua liquidazione.

A questo proposito la Tesi del Partito Rivoluzionario, elaborata dal XIII Congresso straordinario del PCV, tenutosi nel marzo 2007, nei momenti in cui si proponeva al nostro partito la sua integrazione nel nascente Partito Socialista Unito del Venezuela (PSUV), di carattere interclassista, che avrebbe portato alla sua liquidazione, recita:

"In riferimento alla partecipazione e protagonismo delle masse, dobbiamo fare particolare attenzione allo sforzo organico che dobbiamo compiere con la classe operaia e gli altri settori dei lavoratori e lavoratrici. Se vogliamo sradicare il capitalismo, dobbiamo convertirci nell'organizzazione politica, nell'interprete genuino degli interessi della classe sociale che, per la sua posizione nella struttura socio-economica, non solo è la più direttamente colpita dallo sfruttamento capitalistico e, pertanto, oggettivamente la più interessata all'abolizione della schiavitù salariale, ma anche quella che, con il raggiungimento di quest'ultima meta, libererà il resto della società dal regime di sfruttamento, poiché, privi come sono dei mezzi di produzione, non aspirano a conquistarli per lo sfruttamento di altre classi sociali".

Continua di seguito: "... il partito della rivoluzione deve essere nel suo contenuto, nella sua politica, nella sua composizione, nella sua ideologia, negli interessi che incarna, il partito della classe operaia e di tutto il popolo lavoratore. Naturalmente, in questo partito entreranno membri di altre classi e strati della società, ma a condizione che assumano come propri gli interessi che incarnano il partito, che dovranno essere quelli della classe operaia, se vogliamo essere coerenti con l'obiettivo programmatico di natura strategica che perseguiamo: il socialismo".

"La definizione precisa del contenuto di classe del partito della rivoluzione è una necessità storica, e non è in contrasto con il carattere antimperialista della rivoluzione bolivariana nell'attualità. Questa fase della nostra rivoluzione richiede, infatti, una vasta alleanza di classi ... attorno agli obiettivi della liberazione nazionale. Approfittare di tutte le contraddizioni e divergenze che possono esistere tra i settori della borghesia grande e piccola, da un lato, e l'imperialismo, dall'altra, è uno dei compiti primari dell'alleanza antimperialista; ma questa alleanza non deve prodursi nel seno del partito della rivoluzione, soprattutto quando riconosciamo che il corso di questa rivoluzione mira al socialismo".

"Il partito della rivoluzione socialista non potrà compiere il suo obiettivo storico se si conforma a una concezione interclassista che, in definitiva, subordina il congiungimento delle classi, strati e settori sociali di carattere popolare, agli interessi del blocco economico dominante all'interno della rispettiva organizzazione. I limiti di questo tipo di partito sono ben noti nella nostra storia: si diluisce il carattere rivoluzionario del partito, si subordinano gli interessi anticapitalisti del popolo lavoratore agli interessi del capitale sulla base di accomodamenti, concessioni e elemosine; si sostituisce la lotta di classe come meccanismo di trasformazione con la conciliazione di classe al fine di stabilizzare il sistema; si sostituisce la rivoluzione con la riforma; si sfuma l'orizzonte storico socialista e comunista, con il quale solo la classe operaia è organicamente legata".

Così, il nostro partito ha fissato la posizione e apportato contributi al dibattito, in seguito aperto, per quanto riguarda il carattere del partito di cui ha bisogno la rivoluzione venezuelana. In questo XIII Congresso straordinario il PCV ha ribadito il suo status di partito rivoluzionario della classe operaia, sulla base della teoria scientifica del marxismo-leninismo, così come assunto sin dalla sua fondazione nel 1931 e che, utilizzando tale strumento teorico e metodologico, progetta una linea politica basata sulla necessità di risolvere la contraddizione principale del momento storico, quella che esiste tra gli interessi egemonici dell'imperialismo e quelli della nazione venezuelana, e la contraddizione fondamentale e insanabile presente nella società capitalista: tra capitale e lavoro. Da qui la necessità che la classe operaia, con il suo partito e la sua ideologia rivoluzionaria, assuma l'avanguardia nella lotta per la liberazione nazionale e il socialismo, nella prospettiva comunista.

Una linea politica dialettica: alleanza antimperialista e necessità di una correlazione di forze, sotto la direzione della classe operaia

Sulla base della caratterizzazione che il nostro partito fa del processo rivoluzionario venezuelano e, in particolare della sua fase attuale, abbiamo proposto la necessità di formare un Fronte Ampio Antimperialista e Patriottico, che unisca l'insieme dei fattori politici e sociali che concordano sulla necessità di affrontare e sconfiggere la dominazione imperialista e conquistare la nostra piena liberazione nazionale.

Proprio per questo motivo, allo stesso tempo sosteniamo la formazione di un Blocco Popolare Rivoluzionario (BPR), necessariamente circoscritto a coloro che propongono l'abolizione completa del sistema di sfruttamento e che, pertanto, non può includere assolutamente qualsiasi frazione della borghese né organizzazione che esprima i suoi interessi.

Noi comunisti lottiamo per far si che il Blocco Popolare Rivoluzionario sia guidato dalla classe operaia, in modo che, nel contesto di intensificazione della lotta di classe, essa possa assumere coerentemente la battaglia sociale e politica contro il dominio del capitale, e per l'instaurazione di uno Stato democratico-popolare rivoluzionario che inizi la costruzione del vero socialismo, con la classe operaia in condizioni d'avanguardia. Costruire un Blocco Popolare Rivoluzionario è di cruciale importanza per la classe operaia nella sua lotta per il potere, come affermava il compagno Antonio Gramsci nel 1926, in linea con il pensiero leninista, di ineccepibile attualità per i comunisti venezuelani: "Il proletariato può diventare classe dirigente e dominante nella misura in cui riesce a creare un sistema di alleanze di classi che gli permetta di mobilitare contro il capitalismo e lo Stato borghese la maggioranza della popolazione lavoratrice"